Primavere

Cio’ che accadde a Praga nel 1968 segno’ definitivamente un’epoca, non solo per i cecoslovacchi, ma anche per chi viveva nei paesi appartenenti allo stesso blocco, in Ungheria, in Polonia, nella DDR e in tutti i paesi dell’est europeo le cui popolazioni avevano dovuto subire, a seguito della spartizione del mondo decisa dalle superpotenze, una vita non loro alla quale sarebbero state incatenate per oltre quarant’anni, e dalla quale solo nel 1989 avrebbero potuto affrancarsi riconquistando cosi’ la propria identita’ nazionale.

Nel 1968, mia madre aveva ventitre’ anni. Era una giovane studentessa di lingue e come tutti i ragazzi e le ragazze della sua eta’, viveva quella primavera leggendo di nascosto i testi di autori proibiti che, fotocopiati, venivano passati di mano in mano come fossero la cosa piu’ preziosa e segreta del mondo. Molte di quelle fotocopie le ha conservate, e oggi le tiene gelosamente custodite, forse per nostalgia, in un grande volume insieme alle tante fotografie che la ritraggono, bionda com’e’ sempre stata, negli anni piu’ belli (lei dice) della sua vita.
Per me, e’ sempre stato difficile comprendere esattamente cosa lei provi quando ripensa a quel periodo. Posso immaginare che sia qualcosa di simile a cio’ che accade a me quando anch’io ricordo quella stessa eta’, ma non credo che sia esattamente la stessa cosa. Come non credo che quell’epoca sia paragonabile ad una qualunque altra.
Per avere un’idea di cio’ che i giovani cecoslovacchi, e non solo loro, hanno vissuto durante gli anni della Primavera di Praga, ed anche dopo, l’unico modo sarebbe quello di avere la macchina del tempo e ritornare indietro, che ovviamente non e’ possibile. Ma qualcosa (anzi molto) ho potuto assorbirlo leggendo Kundera, Havel, Mňačko e molti altri autori che, in forme diverse, hanno raccontato quella straordinaria esperienza.
C’e’ comunque un autore che, per mezzo di brevi cristallizzazioni di quei momenti, piu’ di tutti sa ricreare l’atmosfera di cio’ che un giovane, negli anni dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia, ha vissuto. Sto parlando di Patrik Ouředník e del suo Rok čtyřiadvacet (Anno 24), scritto nel 1995. Una serie di ricordi buttati li’, alla rinfusa, come fotografie istantanee delle emozioni da lui provate, raccolte in una specie di diario che non ha date, ma in cui il tutto e’ intensamente impregnato di poesia e di vita vera. Un messaggio che vorrei riportare anche qui, cosicche’ sia trasmesso a ciascuno che, leggendolo, possa avvertire dentro la speranza che, prima o poi, una primavera, ed un momento per rinascere e riscattarsi, esiste per tutti.

Rok čtyřiadvacet (Anno 24) di Patrik Ouředník
MI ricordo che durante le vacanze del 1969 mio padre rifletteva sulla possibilita’ di restare in Francia. Mi ricordo che ha chiesto a noi bambini che cosa ne pensavamo e che la sua domanda mi ha fatto arrabbiare. Mi ricordo che mia sorella, di due anni piu’ grande, gli ha risposto: “E perche’ noi? Sono i russi che se ne devono andare”.
I/2
Mi ricordo il “menu’” sui muri praghesi nel 1968 e alcuni dei piatti: gulash all’ungherese Kadárek, bistecca alla tartara di Kolder e cervelletto di Brežnev in salamoia.
I/3
Mi ricordo che Kolder (o era Indra?), abitava vicino a casa nostra, in Via del Sottocolonnello Sochor.
I/4
Mi ricordo Vlasta Tˇrešˇnák “alla gogna” al Teatro all’aperto. Mi ricordo che ha cantato due canzoni.
I/5
Mi ricordo un verso di una delle canzoni: La falce sibila sulla terra. Mi ricordo che la sapevo a memoria e che una volta l’ho cantata a un amico, e che invece di “la falce sibila sulla terra” ho involontariamente cantato “l’alce sibila sulla terra”.
I/6
Mi ricordo che la “gogna” si faceva ogni mercoledi’ e il biglietto costava due corone. Mi ricordo che era proibito ai minori di quindici anni. Mi ricordo che non era difficile scavalcare e confondersi tra la folla.
I/7
Mi ricordo che confondevo le parole “forbito” e “inibito”.
I/8
Mi ricordo Renzo e Lucia, “la prima rivista per adolescenti”.
I/9
Mi ricordo che nel sessantotto io e un amico rubavamo in una drogheria sul Viale degli Eroi di Dukla degli zampironi contro i ratti e poi sulla piana di Letnà gli davamo fuoco e li tiravamo contro i carri armati russi.
I/10
Mi ricordo che i soldati si spaventavano. Mi ricordo che una volta sono risuonati degli ordini in russo e i soldati si sono messi in posizione da combattimento con i mitra in pugno.
I/11
Mi ricordo che siamo corsi via e poi per diverse ore siamo rimasti nascosti nel Museo della tecnica, dove ci siamo messi d’accordo che avremmo confermato a vicenda nomi e indirizzi falsi.
I/12
Mi ricordo che io e mio padre un giorno camminavamo lungo i Viali degli Eroi di Dukla e dei Difensori della pace e leggevamo le scritte sui muri contro l’occupazione. Mi ricordo che mio padre si divertiva.
I/13
Mi ricordo che mio padre cercava la rivista per bambini Margheritina sulla quale avevano stampato una poesia antirussa. Dal giornalaio su Viale dei Difensori della pace era finita, ma la giornalaia ci ha regalato “un sorriso significativo”.
I/14
Mi ricordo che anni dopo qualcuno mi ha detto che la poesia l’aveva scritta Jiˇrí Pištora.
I/15
Mi ricordo gli incontri di hockey contro l’URSS nel 1969 e i nomi dei giocatori Suchý, Nedomanský, Holík Jiˇrí e Holík Jaroslav, Dzurilla. Mi ricordo i risultati: 2-0 e 4-3.
I/16
Mi ricordo un altro incontro di hockey contro l’URSS (1972?), giocato in Svizzera in uno stadio pieno di emigranti cechi che scandivano “Tornatene a casa, Ivan!”. Mi ricordo che la televisione e la radio hanno tolto l’audio e mi ricordo la voce rimbombante, che ha commentato il resto dell’incontro dallo studio.
I/17
Mi ricordo che Nedomanský e’ poi emigrato in Canada.
I/18
Mi ricordo che i tifosi di hockey chiamavano “attacco rosso” lo schieramento avanzato di un club canadese, formato da emigranti cecoslovacchi e russi.
I/19
Mi ricordo che il ventidue o ventitre’ agosto del 1968 ero in fila al forno di Piazza Strossmayer e che dopo due ore mi avrebbe dovuto sostituire mia sorella. Mi ricordo che non e’ arrivata, che me ne sono andato e che poi a casa mi hanno sgridato.
I/20
Mi ricordo che me ne sono andato dalla fila soprattutto perche’ prima di pranzo volevo avere il tempo di leggere le scritte sui muri. Mi ricordo delle scritte Via gli occupanti, Dubˇcek, non arrenderti, Con l’Unione sovietica per l’eternita’, ma nemmeno un secondo di piu’ e Soldi non ne abbiamo e le nostre ragazze non ve le diamo. Mi ricordo anche la scritta Un elefante non puo’ ingoiare un riccio, che non avevo capito del tutto, e un’altra che mi piaceva molto, Compratevi una paletta, e’ arrivata un’epoca di merda.
I/21
Mi ricordo anche di due versi di una poesia in rima su Brežnev: La sfida oggi e’ quale mulo / meglio gli lecchera’ il culo.
I/22
Mi ricordo che io e un amico abbiamo gettato dalla finestra una busta piena di acqua su un vicino, di cui a casa si diceva che era un “collaborazionista”. Mi ricordo che era sdraiato sulla schiena sotto la macchina e che la busta lo ha colpito in mezzo alle gambe. Mi ricordo che ha chiamato la polizia e mia sorella, che aveva diciassette anni, e’ dovuta andare alla stazione di polizia a firmare il verbale (i miei genitori non erano a casa).
I/23
Mi ricordo che mia sorella poi ha detto che sembrava essersi “pisciato sotto”.
I/24
Mi ricordo che si chiamava Karel Otto e che da allora l’abbiamo chiamato “Karel Pisciasotto”.

***
MI ricordo i nomi di alcuni compagni del primo anno della scuola elementare: Milan Brouˇcek, Ivo Šašek, David Jedliˇcka, Martin Dvoˇrák, Karel Hromada, Hanuš Kotek. Mi ricordo che Ivo Šašek era tifoso dello Sparta Praga. Mi ricordo che Hanuš Kotek era rappresentante di classe e aveva la responsabilita’ della cassa della classe, che era conservata in una scatola di ferro quadrata. Mi ricordo che una volta l’ho preso per il culo e lui mi ha lanciato la scatola in testa.
II/2
Mi ricordo che mi e’ uscito il sangue dalla testa e che mi hanno dovuto mettere i punti. Mi ricordo che era tutto cominciato perche’ Hanuš Kotek mi aveva ricordato che non avevo ancora versato la mia quota per il Fondo internazionale di solidarieta’.
II/3
Mi ricordo che si diceva che David Jedliˇcka fosse ebreo. Mi ricordo che Karel Hromada andava al catechismo, ma non si doveva dire in giro. Mi ricordo che Milan Brouˇcek ha fatto la spia alla portiera che ero stato io a suonare ai campanelli.
II/4
Mi ricordo che il nome Patrik suscitava meraviglia o un leggero divertimento. Mi ricordo che nella maggior parte dei casi dovevo ripeterlo prima che mi capissero. Mi ricordo che una volta alla ASL di Praga 7 la signora dietro allo sportello mi ha detto: “Vuoi dire Petr, vero?”. Mi ricordo che sull’aiuola tra Piazza Srossmayer e la ASL passeggiava regolarmente un tizio con un cocker di nome Patrik.
II/5
Mi ricordo che quell’aiuola veniva chiamata “birrone” e che li’ ho fumato per la prima volta.
II/6
Mi ricordo che mi ci aveva portato mia sorella maggiore, che a quindici anni aveva un appuntamento e non voleva andarci da sola.
II/7
Mi ricordo che di fronte all’aiuola abitava Marcela Kinclovà, che in prima media mi ha spedito la mia prima lettera d’amore. Suonava: Jana mi ha detto che le hai chiesto se e’ vero. Quindi ti rispondo: la cosa e’ vera.
II/8
Mi ricordo che a casa ho fatto vedere la lettera a mia sorella maggiore, che ha detto che Marcela aveva la “mano allenata”. Mi ricordo che ero orgoglioso perche’ mi amava qualcuno che aveva la mano allenata.
II/9
Mi ricordo che alcuni anni dopo ho scoperto che Marcela Kinclovà era emigrata con i genitori in Italia.
II/10
Mi ricordo che lo stesso anno ho ricevuto una seconda lettera d’amore dalla figlia del padrone delle “macchinine a scontro” al lunapark. Si chiamava Helena Helferovà. La lettera d’amore l’aveva messa nella cassetta, dov’era stata sequestrata dai miei genitori, anche se sulla busta c’era scritto Strettamente personale!!!!!. Mi ricordo che i miei me l’hanno consegnata parecchi anni piu’ tardi.
II/11
Mi ricordo che le “macchinine a scontro” costavano al lunapark cinque corone e il “calcio in culo” due corone. Mi ricordo che la cosa piu’ economica da mangiare era il pane con la senape, costava venti centesimi, ma non mi ricordo quanto costava lo zucchero filato.
II/12
Mi ricordo che al lunapark andavo con un amico che aveva un cane che si chiamava Argo. Mi ricordo che un altro amico aveva un cane che si chiamava Filip. Mi ricordo anche cani che si chiamavano Punto, Boiaro, Azzorra, Sola, Orsacchiotto, Musetto, Bestia.
II/13
Mi ricordo che a Filip non piacevano i bambini. Mi ricordo che alla fine ha morso un bambino e che l’hanno fatto sopprimere.
II/14
Mi ricordo che con il compagno di classe che aveva Filip in terza media siamo diventati amici perche’ tutti e due avevamo appena letto Il piccolo principe. Mi ricordo che facevamo passeggiate di ore nei parchi e chiacchieravamo di letteratura e politica.
II/15
Mi ricordo che il mio amico parlava in modo innaturalmente letterario e che alcuni lo consideravano una “provocazione”.
II/16
Mi ricordo che insieme a lui siamo andati al cinema Fiera a vedere Un uomo da marciapiede.
II/17
Mi ricordo che al cinema Fiera ho visto nel 1968 o nel 1969 Angelica, la marchesa degli angeli; mi ricordo che ero entrato solo perche’ mi avevano nascosto gli amici piu’ grandi.
II/18
Mi ricordo che al cinema Moderno ho visto negli anni Settanta tre volte di seguito Blow-up.
II/19
Mi ricordo i film Treni strettamente sorvegliati, I raccoglitori di luppolo, Se mille clarinetti, Gli amori di una bionda, Al fuoco, pompieri!, Tutti i miei compaesani.
II/20
Mi ricordo la prima volta che ho visto il film Lo scherzo e quanto mi ha annoiato.
II/21
Mi ricordo che dicevo “tranqui” o “stai tranqui”. Mi ricordo che in terza o quarta elementare dicevo alla fine di ogni frase “faccio umilmente notare” e che la maggior parte degli adulti si irritava.
II/22
Mi ricordo che nell’ora di educazione musicale mi sono rifiutato di cantare l’inno russo e che dopo e’ successo un casino.
II/23
Mi ricordo che non mi hanno preso nei pionieri e che sono rimasto al grado di “coccinella”. Mi ricordo che il giorno dopo la cerimonia dell’“infazzolettatura” i miei compagni sono venuti a scuola con i fazzoletti e la maestra Ryskovà ha detto che se avessi migliorato la mia condotta forse l’anno successivo anch’io sarei diventato pioniere.

 ***

MI ricordo l’indovinello: Che cosa significa PCC? Risposta: Perdita continua cecoslovacca.
III/2
Mi ricordo le scritte contro l’occupazione Studiate, studiate, studiate – ma a casa vostra! E Che il russo ha tradito / lo dice Hus l’erudito.
III/3
Mi ricordo che le Milizie popolari venivano chiamate Gustapo.
III/4
Mi ricordo che i miei amici mi chiamavano Gulasch, Lumumba, Uralo, Angela Davis.
III/5
Mi ricordo che una delle mie sorelle e’ entrata negli anni Settanta nell’Unione della gioventu’ socialista.
III/6
Mi ricordo che abbiamo litigato e che lei mi ha spiegato che qualcuno doveva pure stare “dentro” per disgregare l’apparato ideologico.
III/7
Mi ricordo discussioni di ore con i miei amici sulla “resistenza passiva”.
III/8
Mi ricordo la registrazione su nastro di un concerto. Lo spettacolo si chiamava L’anima non si puo’ spezzettare. Mi ricordo che mi sembrava audace e preciso.
III/9
Mi ricordo che a Smrkovský nell’autunno o nell’inverno del 1968 e’ venuta l’influenza perche’ i russi l’avevano “contaminato”.
III/10
Mi ricordo che si diceva che Kádár avesse tentato il suicidio.
III/11
Mi ricordo che si diceva che Svoboda avesse tentato il suicidio.
III/12
Mi ricordo che si diceva che Dubˇcek, dopo che era venuto a sapere dell’invasione, aveva passato tutto il resto della notte a piangere.
III/13
Mi ricordo che alcune persone per strada piangevano.
III/14
Mi ricordo che la Slovacchia doveva essere annessa all’URSS.
III/15
Mi ricordo che esisteva la rivista (ciclostilata) Pettegola legale.
III/16
Mi ricordo che ho preso una copia di Pettegola legale per farla vedere a un amico con il quale ero d’accordo che saremmo andati al cinema a vedere Torna a casa Lassie.
III/17
Mi ricordo che si trattava di una proiezione per i figli degli impiegati della societa’ dove lavorava la madre del mio amico, e che l’ingresso era gratuito.
III/18
Mi ricordo che il mio amico non e’ venuto al cinema perche’ era in punizione e che il giorno dopo gli ho dovuto raccontare il film. Mi ricordo che non era per niente curioso di vedere Pettegola legale.
III/19
Mi ricordo che nell’autunno del 1974 e’ andato a fuoco il Palazzo della fiera e che a casa nostra venivano gli amici a osservare la scena. Mi ricordo che ai pompieri era terminata l’acqua e che avevano infilato i tubi nella Moldava, ma poi il primo tram della mattina li aveva tranciati, e che poi qualcuno mi ha detto che era stato il numero dodici.
III/20
Mi ricordo che in un caseggiato su Via della Fiera in cui abitava un mio compagno di classe nel 1968 o nel 1969 sono crollate le scale. Mi ricordo che il mio compagno per alcuni giorni non e’ venuto a scuola perche’ non aveva con che cosa scendere.
III/21
Mi ricordo che negli anni Ottanta era crollata una parte del lungofiume Engels. Mi ricordo che la gente diceva che era stata una fortuna che fosse successo di notte.
III/22
Mi ricordo che si diceva che da qualche parte a Praga 2 era sprofondata tutta una pensilina con una persona che stava aspettando il tram. Mi ricordo che quella persona non e’ mai stata ritrovata.
***

MI ricordo il ventuno agosto del 1969 e l’inserto del Diritto rosso con il titolo a caratteri cubitali NON SONO PASSATI.
IV/2
Mi ricordo che su una fotografia c’era un gruppetto di giovani, alcuni dei quali mostravano con le dita la lettera “V”. Il commento diceva che si trattava di un messaggio in codice: “Tra due minuti
Iniziera’ l’attacco”.
IV/3
Mi ricordo che io e le mie sorelle per diverse settimane abbiamo ripetuto l’espressione “tra due minuti iniziera’ l’attacco” e scoppiavamo a ridere.
IV/4
Mi ricordo che in quell’inserto si parlava anche di “una fiat rossa con targa italiana” e che quella fiat era stata parcheggiata in diversi luoghi strategici di Praga.
IV/5
Mi ricordo un foglietto con un quadrato rosso e con la scritta A Mosca hanno deciso che questo cerchio e’ verde.
IV/6
Mi ricordo la cartolina di auguri del 1969 del pittore Cyril Bouda con un disegno del Museo nazionale con i segni lasciati dagli spari russi.
IV/7
Mi ricordo un manifesto con l’occhio divino e la scritta “Xaver ti osserva!”.
IV/8
Mi ricordo un volantino con la lista dei nomi della squadra di hockey della Cecoslovacchia con un acrostico che formava la parola “controrivoluzionari”.
IV/9
Mi ricordo che nel 1969 o nel 1970 io e le mie sorelle copiavamo barzellette a sfondo politico su un quaderno per un’amica di mia sorella, emigrata in Svizzera.
IV/10
Mi ricordo una battuta: Si incontrano due tizi. Uno dice: “Brežnev e’ in ospedale”. L’altro gli chiede: “Come mai?”. E il primo gli fa: “E’ inciampato in un martello e gli si e’ infilata la falce nel culo”.
IV/11
Mi ricordo che circolavano molte battute sotto forma di indovinelli: “Perche’ il carro armato russo del monumento della liberazione ha il numero 23? – Tra ventitre’ anni ce ne andremo!”. “Perche’ quest’anno a Mosca non si e’ tenuta la parata militare? – Perché tutti i soldati che avevano gli scarponi si trovano in Cecoslovacchia”. “Che cos’e’: e’ nero e si trova davanti alla nostra porta? – Il futuro”.
IV/12
Mi ricordo che nel 1968 abbiamo ricevuto per natale (i bambini dai genitori) il primo grammofono. Mi ricordo che un anno dopo abbiamo comprato la televisione.
IV/13
Mi ricordo il programma televisivo “I nostri consigli”, che tutti guardavano per il personaggio del “signor Uovo”. Mi ricordo che le pubblicita’ le chiamavamo “I nostri sbadigli”.
IV/14
Mi ricordo che i guasti della televisione li chiamavamo “rospi”.
IV/15
Mi ricordo che eravamo abbonati alle riviste Mondo giovane e Reporter.
IV/16
Mi ricordo una rivista occidentale che avevamo a casa; in copertina c’era Jane Fonda con una maglietta bagnata e senza reggiseno.
IV/17
Mi ricordo che con diversi pretesti entravo in bagno mentre le mie sorelle si stavano cambiando.
IV/18
Mi ricordo che per parecchio tempo ho creduto che i bambini nascessero dall’ombelico, ma poi un compagno di classe in terza elementare mi ha spiegato che nascono dalla “fica”.
IV/19
Mi ricordo che le mie sorelle maggiori aspettavano una “visita dall’America” e che ridevano in modo idiota quando io me ne meravigliavo.
IV/20
Mi ricordo che l’espressione “le mie cose”, sentita un giorno da qualche parte, per me e’ rimasta a lungo un mistero.
IV/21
Mi ricordo lo spray Intim.
***

MI ricordo due note sul registro di classe: “Durante l’ora di matematica non lavora, si dedica a un’attività che non riguarda la matematica (le carte)” e “Senza permesso accende e spegne la luce”.
V/2
Mi ricordo che nella scuola elementare “Giovane guardia” ho “provocato dei danni in diversi punti della parete dell’aula tirando il gesso”.
V/3
Mi ricordo che l’insegnante di tecnica Picek ci ha raccontato che nel sessantotto era stato assalito da un gruppo di teppisti che volevano picchiarlo perche’ era comunista, ma che gliel’aveva fatta vedere lui.
V/4
Mi ricordo che Picek ci ha anche raccontato dei soldati americani in Vietnam, che ogni volta che ammazzavano un vietnamita, gli tagliavano la testa. La sera poi contavano attorno al fuoco quante teste avevano tagliato, e ognuno riceveva tanti dollari quante teste aveva.
V/5
Mi ricordo che Picek e’ stato a lungo l’unico “vero comunista” che ho incontrato; il secondo (e ultimo) l’ho incontrato alcuni anni dopo sull’autobus Praga-Kladno.
V/6
Mi ricordo di aver conosciuto anche un terzo “vero comunista”: andava a giocare a scacchi nel ristorante all’aperto Al castelletto e aveva delle mostrine sul colletto. Mi ricordo che giocava a scacchi malissimo e che ogni volta che perdeva si imbufaliva.
V/7
Mi ricordo della maestra Schmitzerovà che in prima liceo (nel 1971) ci ha detto che la potevamo chiamare “signora professoressa”, che non le avrebbe dato fastidio.
V/8
Mi ricordo che copiavo delle citazioni dai libri su un block notes A6. Mi ricordo che c’erano annotazioni dal Piccolo principe, dal Faustroll e dal Re Ubu di Jarry, dalla Guerra ebraica di Feuchtwanger, da Stanislav Jerzy Lec, da Mro˙zek, da Holub, dalla Terra desolata di Eliot, da Alice nel paese delle meraviglie, da Morgenstern.
V/9
Mi ricordo che c’era anche la poesia “Mi rifiuto”, che avevo copiato da un volantino e che iniziava Ormai siete qui / benvenuti! / Benvenuti, ospiti estivi / dalle profondita’ del gelo… Mi ricordo che il nome dell’autore (Antonín Brousek) l’ho scoperto soltanto parecchi anni dopo.
V/10
Mi ricordo che avevo un secondo block notes dove scrivevo le mie poesie. Mi ricordo una poesia scritta in prima liceo, con i versi: “I rasperelli nei vasi / e Tomáš Živný in prima C”. Mi ricordo che si trattava di una poesia surrealista.
V/11
Mi ricordo che alcuni dicevano di essere surrealisti e altri di essere esistenzialisti. Altri dicevano di
essere trotskisti e che Stalin era un traditore. Mi ricordo che una mia amica francese era maoista.
V/12
Mi ricordo le banconote da tre corone (azzurre) e cinque corone (verdi). Mi ricordo che la banconota da dieci corone veniva chiamata “pioniere” e quella da cinquanta “edificatore”. Quella da venticinque corone veniva chiamata “orbo” e quella da cento corone “castello”. Mi ricordo che le nuove monete da cinque centesimi venivano chiamati “bilakino” e “štrougalino”.
V/13
Mi ricordo l’incontro Fischer-Spasskij (1973?). Mi ricordo che Fischer ha vinto 6:2 e che e’ stato il primo americano dalla fine della guerra a sconfiggere un russo “nella lotta per il trono scacchistico”.
V/14
Mi ricordo che Spasskij e’ emigrato in Francia e Korˇcnoj in Svizzera.
V/15
Mi ricordo che Ludˇek Pachman e’ emigrato in Germania ovest. Mi ricordo che poi suo fratello ha detto in televisione che Ludˇek gia’ da bambino era egoista e insofferente.
V/16
Mi ricordo che mio suocero diceva che Karel Kryl aveva “tradito” e sarebbe stato suo dovere restare in Cecoslovacchia.
V/17
Mi ricordo che Waldemar Matuška era emigrato in Canada attraverso l’Austria. Mi ricordo che si diceva che Karel Gott era emigrato in Germania ovest, ma che Husák l’aveva implorato di tornare, che gli avrebbe regalato una nuova villa.
V/18
Mi ricordo che nel nostro palazzo abitava il bassista del gruppo di Matuška AFA (Amici dei falo’ all’aperto), ma non mi ricordo come si chiamava.
V/19
Mi ricordo una storiella su un tipo che era emigrato, a trenta chilometri dal confine aveva cominciato a pitturare i guard rail ed era arrivato fino alla frontiera, di giorno pitturava, di sera beveva con le guardie, finche’ un bel giorno pitturando si e’ fatto strada oltre frontiera ed e’ scomparso in Germania.
V/20
Mi ricordo di un amico che voleva attraversare la frontiera tra la Bulgaria e la Jugoslavia. Mi ricordo che prima della partenza cercava per tutta Praga una bussola.
***

MI ricordo che a quindici anni andavo con i compagni di classe piu’ grandi di mia sorella nella birreria Da Pavlán perché la’ non ci chiedevano quanti anni avevamo.
VI/2
Mi ricordo che la carta d’identita’ veniva chiamata “libretto rosso” e “targhetta per i cani”.
VI/3
Mi ricordo l’espressione “stupido come un comunista in costume da bagno”.
VI/4
Mi ricordo l’espressione “stupido come l’Assemblea nazionale”, “stupido come il Primo maggio” e “stupido come Lenin”. Mi ricordo l’insulto: “Razza di marxismo scientifico!”.
VI/5
Mi ricordo la scritta sui tram: I viaggiatori sono obbligati a reggersi durante il viaggio. Mi ricordo che la citavo ogni volta che volevo abbracciare una ragazza per la prima volta.
VI/6
Mi ricordo quando si e’ iniziato a dire “fare sesso”. Mi ricordo che in metro i viaggiatori erano obbligati a reggersi agli appositi sostegni.
VI/7
Mi ricordo le poesie di Pavel Kohout che piu’ o meno a diciassette anni ho imparato a memoria e le recitavo volentieri agli amici.
VI/8
Mi ricordo una poesia sui trattori: Voi, pieni di meraviglia / sorrisetti e buonumore / chiacchiere agitate / un anno fa alla raccolta / quando al posto dei cavalli / sono arrivati i nuovi trattori. // Trattori, trattori / distruggerete / opinioni antiquate / sistemi antiquati.
VI/9
Mi ricordo che piu’ o meno a diciotto anni una volta ho fatto sesso nell’abitacolo di un trattore.
VI/10
Mi ricordo che non ho mai fatto sesso in macchina, e mi ricordo che la cosa mi dispiaceva.
VI/11
Mi ricordo che ho fatto sesso nell’abitacolo di un trattore (in moto), a bordo di un camion (in moto), su un motorino (in moto), nel bagno femminile della stazione di Cracovia, in altri bagni pubblici e nei lavatoi, nei fienili, nel bosco, in mezzo ai campi, in una grotta, sulle spiagge, nel mare, in un fiume, in un ruscello, nella vasca, sotto la doccia, sul tavolo e sotto il tavolo, ma mai in macchina, ne’ in moto ne’ spenta.
VI/12
Mi ricordo la prima volta che ho fatto sesso, ma non mi ricordo la seconda.
VI/13
Mi ricordo il ritornello di una canzone che ci piaceva urlare a squarciagola quando avevamo sedici anni: Uno, due e tre cieli / intorno ci sono i peli.
VI/14
Mi ricordo che si diceva che nel film L’orecchio alla Bohdalovà si vedevano le tette, ma mi ricordo che anni dopo quando ho visto il film non ho poi visto niente.
VI/15
Mi ricordo che Qualcuno volo’ sul nido del cuculo l’ho visto a Budapest e che ci sono andato apposta. Mi ricordo che mi ha fatto una grande impressione.
VI/16
Mi ricordo due film russi che mi hanno fatto una grande impressione: Cinque serate di Nikita Michalkov e Stalker di Andrej Tarkovskij.
VI/17
Mi ricordo di quando tutti parlavano di Šukšin.
VI/18
Mi ricordo di quando tutti parlavano di Okudžava.
VI/19
Mi ricordo di come, in tempi diversi, tutti parlavano di Kerouac, Jarry, Breton, Vian e Henry Miller.
***

MI ricordo che sui tettucci pieni di polvere delle macchine scrivevamo STRONZO e LAVAMI, CRETINO.
VII/2
Mi ricordo che eravamo seduti su una ringhiera davanti alla scuola e che una volta un tizio ci ha detto che la ringhiera non stava li’ “per sedersi”.
VII/3
Mi ricordo che sui tram c’erano 24 posti a sedere e 138 posti in piedi. Mi ricordo che alla cifra 138 qualche volta era stato aggiunto uno zero.
VII/4
Mi ricordo che io e i miei amici eravamo seduti su un marciapiedi a Piazza San Venceslao e che sono arrivati i poliziotti, che ci hanno controllato i documenti e ci hanno costretto ad alzarci.
VII/5
Mi ricordo che io e i miei amici eravamo seduti su un marciapiede del Ponte Carlo e che sono arrivati i poliziotti, che ci hanno controllato i documenti e ci hanno costretto ad alzarci.
VII/6
Mi ricordo una volta che stavo aspettando davanti alla farmacia di Piazza Strossmayer appoggiato a una ringhiera e che erano passati accanto dei poliziotti, che dal finestrino mi avevano fatto cenno di non appoggiarmi, e che io avevo fatto finta di non capire, che poi si erano fermati, erano scesi, avevano controllato i miei documenti e avevano detto che la ringhiera non era li’ “per quello”.
VII/7
Mi ricordo che non si diceva “poliziotto” e “carabiniere” perche’ erano borghesi, ma “membro” e “organo”. Mi ricordo che la stazione di polizia (VB) era chiamata “quinta B” e “universita’ di Vasil primo”.
VII/8
Mi ricordo che la parola “membro” suscitava diverse forme di sarcasmo.
VII/9
Mi ricordo che non mi masturbavo ma “praticavo l’onanismo”. Mi ricordo che ci vedevo una differenza.
VII/10
Mi ricordo che evitavo di usare la parola “temporaneo” e dicevo “transitorio”. Mi ricordo che questo riflesso mi e’ rimasto fino ai diciotto anni.
VII/11
Mi ricordo che nel sessantotto c’erano persone che dicevano che non si sarebbero tagliati i capelli o la barba finche’ i russi non se ne fossero andati a fare in culo.
VII/12
Mi ricordo che quando e’ stata introdotta in Cecoslovacchia l’ora legale, c’erano persone che “per principio” non spostavano le lancette dell’orologio.
VII/13
Mi ricordo che su Diritto rosso e’ uscito un articolo con il titolo L’ora legale – nuova garanzia di successo socialista.
VII/14
Mi ricordo il segnalibro Dopo il lavoro un libro! Mi ricordo il segnalibro Conosci i gradi dei membri della Sicurezza dello stato? Mi ricordo il segnalibro Il libro progressista – consigliere, educatore e organizzatore dei lavoratori. Mi ricordo il foglietto contenuto in ogni libro: “Al momento del reclamo consegna questo tagliando di controllo”.
VII/15
Mi ricordo che sulle risme A4 da 500 fogli c’era sul bordo una targhetta: “Carta per stampe infinite”. Mi ricordo che una volta in un negozio di cancelleria ho chiesto “due risme di carta per stampe infinite” e che non mi hanno capito.
VII/16
Mi ricordo che una volta per il mio compleanno ho ricevuto una copia del quotidiano Praga sera del giorno della mia nascita, e mi ricordo i titoli: Oggi apparira’ una cometa e Si intensifica la lotta alla gentaglia. Mi ricordo che ci sono state delle battute.
VII/17
Mi ricordo la morale socialista, il modo di pensare socialista, la grande produzione socialista, le grandi masse dei lavoratori, la masse vittoriose dei lavoratori, il socialismo dal volto umano, il futuro radioso, il futuro splendente, il futuro che e’ solo e soltanto nelle nostre mani, il domani che e’ a portata di mano, la nostra visione del mondo, la volonta’ incrollabile dei lavoratori, gli intellettuali lavoratori, le masse lavoratrici, gli elementi declassati, gli elementi antisocialisti, gli eterni brontoloni, i revanscisti inaciditi, gli opportunisti di destra a cui la fortuna non arride, i nemici incalliti del nostro ordinamento socialista, i germogli possenti del socialismo, una certa parte della giovane generazione.
VII/18
Mi ricordo le scritte nei bagni pubblici: Anche a te?, Questo e’ uno stronzo!, Che merda! e Chiama 38-14-2.
***

MI ricordo Pele’, Bobby Sands e Angela Davis.
VIII/2
Mi ricordo l’omicidio di Bob Kennedy. Mi ricordo i nomi dei cosmonauti Neil Armstrong, Edwin Aldrin e Michael (?) Collins. Mi ricordo che Collins doveva starsene seduto nel razzo, mentre Armstrong e Aldrin camminavano sulla luna. Mi ricordo che mi e’ dispiaciuto per lui.
VIII/3
Mi ricordo che il modulo orbitante si chiamava “Columbia” e il modulo d’atterraggio “Aquila”. Mi ricordo che Armstrong ha detto: “L’Aquila ha le ali”.
VIII/4
Mi ricordo James Bond (l’agente 007) e il dottor Sorge.
VIII/5
Mi ricordo il capitano Minaˇrík e alcuni versi della canzone Lettera a Radio Free Europe di Josef Laufer: Voi che di notte regolate i fili / profeti con gli artigli spezzati ascoltate, / per il castello di vampiri crollato. Mi ricordo il ritornello: Grazie a Lei, grazie a Lei, uomo coraggioso, / Lei e’ il nostro capitano, loro sono uggiosi.
VIII/6
Mi ricordo che una volta a diciassette anni sono stato convocato per la “lezione introduttiva di preparazione alla difesa nazionale”. Mi ricordo che si trattava di una lezione sulla situazione militare nel mondo. Mi ricordo che un soldato ci ha proiettato delle diapositive con diverse bandiere mondiali: quella americana, inglese, tedesca, francese, sovietica, polacca.
VIII/7
Mi ricordo di essermi appellato contro il giudizio di “abilita’ alla leva militare” in una lettera che iniziava: Compagni! Dai miei 11 anni patisco diverse difficolta’. Gia’ al secondo livello della scuola dell’obbligo sono stato per queste difficolta’ esonerato dall’educazione fisica.
VIII/8
Mi ricordo di aver anche sottolineato il fatto di essere stato riconosciuto come cittadino dalle modificate capacita’ lavorative (CMCL) e che al momento attuale lavoro come operaio non specializzato nella Cooperativa dei fisicamente inabili (COFIIN).
VIII/9
Mi ricordo le sigle MSR (Movimento sindacale rivoluzionario), AGIS (Associazione dei genitori e degli insegnanti della scuola), UGC (Unione della gioventu’ cecoslovacca), UGS (Unione della gioventu’ socialista), IAF (Industria delle acciaierie e delle fonderie), FAI (Federazione amici dell’industria) e BADA (Benevole associazione dell’automazione).
VIII/10
Mi ricordo che le persone anziane pronunciavano la sigla URSS “u-erre-esse-esse”, mentre le generazioni successive dicevano “u-r-s-s”.
VIII/11
Mi ricordo che il Fronte nazionale veniva chiamato “Furto nazionale”. Mi ricordo che il partito francese di destra Front national veniva chiamato sulla stampa ceca cosiddetto fronte nazionale oppure Fronte nazionalistico. Mi ricordo che sui giornali una volta e’ apparsa la sigla SCOPAR, a
proposito di un movimento rivoluzionario pakistano.
VIII/12
Mi ricordo una storiella secondo la quale nella redazione di un giornale avevano cacciato il correttore di bozze perche’ nel programma della radio non aveva individuato un errore: invece di “programma su V.I. Lenin” nella rubrica era infatti comparso “prodramma su V.I. Lenin”.
VIII/13
Mi ricordo una storiella secondo la quale il direttore della prigione di Praga aveva un passato un guaio perche’ aveva fatto mettere sul portone la scritta “Benvenuti!” in occasione della visita ufficiale di una delegazione dall’URSS.
VIII/14
Mi ricordo quanto profondamente disprezzavo le persone che in occasione delle feste nazionali appendevano le bandierine alle finestre. Mi ricordo che erano ogni anno di piu’.
VIII/15
Mi ricordo di aver fondato con degli amici nel 1976 un “gruppo di interesse per le attivita’ artistiche” (GIAA) e che abbiamo discusso nella birreria Da Pavlán il nome del gruppo. Qualcuno ha proposto di chiamarci teatro Albero: “Associazione libera dei bravi esemplari reazionari ostinati”.
VIII/16
Mi ricordo la targhetta sui vagoni della metropolitana praghese: Fabbrica metalmeccanica di Mytišˇci.
VIII/17
Mi ricordo le parole agitprop, politruk, sputnik.
***

MI ricordo che non potevamo portare a scuola l’orologio perche’ non era opportuno.
IX/2
Mi ricordo che quando qualcuno arrivava a scuola con un braccio o una gamba ingessata tutta la classe doveva firmargli il gesso.
IX/3
Mi ricordo il momento in cui i pantaloni accorciati hanno smesso di essere di moda e si prendevano in giro i compagni dicendo: “Che ti si e’ allagata casa?”.
IX/4
Mi ricordo il detto Capelli lunghi e cervello corto. Mi ricordo che in Via Herman la scritta era nella vetrina del Centro d’agitazione popolare. Mi ricordo che una volta io e un mio amico abbiamo incollato sul vetro un ritratto di Marx.
IX/5
Mi ricordo del momento in cui si e’ iniziato a scrivere “filosofia” e “presidente” con la z. Mi ricordo che nel corso della guerra delle Falkland nei media ha iniziato a farsi strada il nome Isole Malvine. Mi ricordo che di punto in bianco, a proposito della Germania ovest, si e’ anche inizato a scrivere “FRT” al posto di “RFT”.
IX/6
Mi ricordo che sul Viale dei Difensori della pace c’era un bistro’ che negli anni Sessanta era stato ribattezzato “bystro” e alla fine degli anni Settanta di nuovo “bistro’”.
IX/7
Mi ricordo che mia sorella portava i pantaloni a zampa di elefante. Mi ricordo l’eskimo, le magliette in batik, la borsa “da profeta” di canapa o di juta e le spillette della pace (“zampa di mosca”).
IX/8
Mi ricordo che una volta verso la meta’ degli anni Settanta siamo andati con mia sorella in autostop incontro ai nostri genitori che tornavano dalla Germania. Al confine della frontiera occidentale ci hanno arrestato e portato in caserma, dove ci sorvegliava un soldato con il mitra.
IX/9
Mi ricordo di essere stato con due amici a fare campeggio libero a Vihorlat e che in una birreria nei pressi della frontiera ci ha rivolto la parola uno sbirro locale e voleva sapere chi di noi era il capocompagnia.
IX/10
Mi ricordo di essere stato con un’amica a fare campeggio libero in Bulgaria e che nei pressi del confine con la Grecia i soldati bulgari ci hanno arrestato e ci hanno portato in caserma. Mi ricordo che un ufficiale ci diceva che non potevamo girovagare cosi’ vicino al confine perche’ a un paio di chilometri di distanza c’erano gli imperialisti che avevano molti carri armati. Mi ricordo che ci chiamava con i nostri nomi di battesimo che aveva letto sui passaporti.
IX/11
Mi ricordo che mio padre aveva un paziente che ci procurava le “concessioni per i viaggi all’estero”. Mi ricordo che una volta a cena aveva detto di avere un nuovo paziente che forse avrebbe potuto procurarci la concessione. Mi ricordo che mia madre gli ha risposto: “Ah, si’? E dove?”.
IX/12
Mi ricordo di aver chiesto la concessione di viaggio quattordici volte e di averla ricevuta due volte: nel settantaquattro e nel settantanove.
IX/13
Mi ricordo che una volta in vacanza in Francia cercavo di rimorchiare le ragazze dicendo: “Vengo dalla Cecoslovacchia e mi piacerebbe fare l’amore con Lei”. Mi ricordo che funzionava perfettamente: anche se prima mi chiedevano informazioni sulla situazione politica nel mio paese.
IX/14
Mi ricordo la canzone dei tramp “Anno quarantanove” e il ritornello: Come un vagabondo gironzolo per il mondo / io, Tom, che ricordo il quarantanove. Ma di solito si cantava: Come un vagabondo gironzolo per questo stato / io, Tom, che ricordo il sessantotto.
IX/15
Mi ricordo la multa che ho dovuto pagare per aver dormito in un vagone vuoto alla stazione di Tábor. Mi ricordo che non avevo con me le cento corone richieste e che il “sollecito di pagamento” mi e’ arrivato in seguito a casa. Mi ricordo la frase: “L’infrazione commessa e’ stata dimostrata per mezzo dell’ammissione dell’infrattore e agli accertamenti del membro del VIFESPU (Vigilanza ferroviaria per la sicurezza pubblica)”.
IX/16
Mi ricordo i nomi dei campi dei tramp: I pellegrini verdi, I falchi neri, Alabama, Montana, Oregon, Campo dei pali alzati, El Paso, Fort Williams.
***

MI ricordo che la stazione centrale e’ stata per un certo tempo l’unico posto a Praga in cui avevano i fiordifragola. Mi ricordo il tipo che vendeva i fiordifragola (si trovava nella sala di ingresso a destra) si diceva che fosse un “medico epurato”.
X/2
Mi ricordo dello strillone della galleria di Piazza San Venceslao che urlava i titoli e li accompagnava con commenti divertenti e dei gruppetti di ascoltatori che si radunavano attorno a lui.
X/3
Mi ricordo una volta che urlava: “Chi ha ucciso la vecchietta?”
X/4
Mi ricordo che mi stava sul cazzo.
X/5
Mi ricordo che un giorno ho compreso fino in fondo la perversione dei nomi dei giornali Diritto rosso e Parola libera.
X/6
Mi ricordo i discorsi di fine anno di Svoboda e Husák. Mi ricordo che Husák li pronunciava in ceco.
X/7
Mi ricordo che Štrougal era “intelligente”.
X/8
Mi ricordo la battuta: “Che cos’e’ successo nel 1875? – Lenin ha compiuto cinque anni!”.
X/9
Mi ricordo che il Primo maggio la gente “si rallegrava”.
X/10
Mi ricordo le scritte Per un domani migliore, Come un sol uomo!, Costruisci la pace!
X/11
Mi ricordo le scritte Non dimenticheremo mai! Con l’Unione sovietica per l’eternita’. L’Unione sovietica – un amico e un consigliere. Grazie all’Unione sovietica. L’Unione sovietica – il nostro modello. L’Unione sovietica – solida diga del socialismo. URSS – garanzia di pace e URSS – creatrice di pace. Mi ricordo che la nostra amicizia con l’Unione sovietica era “sempre piu’ indistruttibile”.
X/12
Mi ricordo che le feste nazionali dovevano essere recuperate il primo sabato disponibile.
X/13
Mi ricordo che in momenti diversi non si trovavano il riso, le lenticchie, la farina 00, gli yogurt senza zucchero, i pomodori, i cavoli rapa, i fagioli, la carne di manzo, la carne di agnello, le buste A5, le buste A4, gli assorbenti, i preservativi, le candele di natale, le girandole, le pietrine degli accendini, le ricariche delle penne cinesi, i rullini a un colore solo per le macchine da scrivere, la carta carbone, la carta velina, la carta igienica, il colore marrone scuro, il colore verde scuro, le scarpe da tennis, le cartelle di pelle, le forbici, gli ombrelli pieghevoli, le zollette di zucchero.
X/14
Mi ricordo che in momenti diversi non si trovavano i cetriolini, gli spaghetti, i fegatini, l’uva passa, le mandorle, il latte condensato, il latte fresco, il burro, le uova, il sale, il detersivo, i chiodi.
X/15
Mi ricordo il proverbio Chi non deruba lo stato, deruba la famiglia.
***

MI ricordo che la controrivoluzione era strisciante.
XI/2
Mi ricordo che la gente era stata ingannata.
XI/3
Mi ricordo che la Dichiarazione di Charta 77 non e’ mai stata pubblicata da nessuna parte, ma che nelle redazioni dei giornali, della radio e della televisione arrivavano le irate proteste di molti nostri concittadini.
XI/4
Mi ricordo che diverse organizzazioni e istituzioni hanno organizzato delle proteste collettive. Mi ricordo il titolo di un giornale: Le cooperative agricole protestano.
XI/5
Mi ricordo di due amici cacciati dal lavoro perche’ avevano rifiutato di firmare la protesta. Mi ricordo che si erano difesi obiettando di non aver letto la Dichiarazione di Charta 77.
XI/6
Mi ricordo un altro titolo di giornale: La nostra repubblica resta salda sulle sue gambe.
XI/7
Mi ricordo che alcuni firmatari di Charta 77 hanno poi ritirato la loro adesione. Mi ricordo che uno di loro ha spiegato in televisione che non sapeva di che cosa si trattasse e chi c’era dietro.
XI/8
Mi ricordo la convocazione degli artisti perche’ firmassero il testo “Per nuovi atti creativi nel nome del socialismo” al Teatro nazionale. Mi ricordo che veniva apprezzato se qualcuno “arrivava tardi” o “si era seduto in fondo”.
XI/9
Mi ricordo di un macchinista che diceva che un attore del calibro di Werich una cosa del genere poteva risparmiarsela. Mi ricordo di un’attrice che diceva: “E noi no?”.
XI/10
Mi ricordo che nei giorni successivi gli attori erano cupi. Mi ricordo che uno diceva, come ci siamo ridotti. Un altro diceva che e’ triste vedere una nazione in ginocchio, ma che nessuna nazione resta in ginocchio a lungo. Un altro ancora diceva che prima o poi l’avrebbero pagata cara, e un altro che erano tutte stronzate.
XI/11
Mi ricordo che a mia madre non piaceva uno dei firmatari di Charta 77 e che lo chiamava “quel comunista dal volto umano”. Mi ricordo che lui la chiamava “gentile signora”.
XI/12
Mi ricordo che qualcuno al Teatro nazionale mi ha detto che al ristorante Samovar avevano dei bliny eccellenti.
XI/13
Mi ricordo che la maggiore isola sovietica era Sachalin.
XI/14
Mi ricordo che il maggior coltivatore mondiale di baco da seta era la Repubblica socialista sovietica uzbeka e che gli specialisti uzbeki avevano sviluppato quaranta tipi produttivi di bachi da seta.
***

MI ricordo che in televisione davano gli sceneggiati Il maggiore Zeman, Un uomo al municipio, La donna dietro al bancone, L’ospedale in periferia. Mi ricordo che L’ospedale in periferia era ritenuto “oggettivo” perche’ era stato girato in coproduzione con la televisione della Germania dell’ovest.
XII/2
Mi ricordo che una delle puntate del Maggiore Zeman, in cui Petr Štˇepánek recita il ruolo di un membro esaltato della Giovane guardia, e’ andata in onda nello stesso periodo (lo stesso giorno?) in cui suo fratello parlava a Radio Free Europe. Mi ricordo che molte persone ne avevano parlato.
XII/3
Mi ricordo che Pavel Kohout era andato a Vienna a ritirare un premio e che hanno rifiutato di farlo tornare in Cecoslovacchia. Mi ricordo che avevano dato la notizia alla televisione austriaca o tedesca: Pavel Kohout era in piedi con altra gente alla frontiera tra l’Austria e la Cecoslovacchia e gesticolava agitato.
XII/4
Mi ricordo che una volta in cui ci siamo ubriacati assieme a un amico abbiamo buttato giu’ la scaletta della sceneggiatura per una nuova puntata del Maggiore Zeman, in cui il maggiore Zeman si infiltrava dentro Charta 77 e veniva violentato da Petruška Šustrovà.
XII/5
Mi ricordo che il mio amico aveva originariamente proposto Madla Vaculíkovà.
XII/6
Mi ricordo che un giorno io e un mio amico abbiamo messo in giro la voce che il cantante Jiˇrí Korn aveva avuto un incidente e che gli avevano dovuto amputare una gamba. Mi ricordo che una settimana dopo Korn e’ apparso in televisione e ha fatto vedere che le aveva tutte e due.
XII/7
Mi ricordo che siamo stati a lungo in dubbio tra Korn e Neckáˇr.
XII/8
Mi ricordo una trasmissioni sugli emigranti moderata da Miloš Kopecký. Mi ricordo che c’era uno slovacco emigrato a Parigi, al quale il primo giorno avevano rubato tutti i soldi. E’ andato allora in ambasciata, dove gli hanno fatto un prestito, e poi e’ tornato a casa.
XII/9
Mi ricordo che diceva: “… quelle loro baghette o come diavolo le chiamano”.
XII/10
Mi ricordo Cyril Smolík che mostrava al telegiornale il livido che gli avevano procurato i revanscisti tedeschi.
XII/11
Mi ricordo quanto profondamente odiavo le spartachiadi.
XII/12
Mi ricordo di non essere andato a votare e che erano venuti a casa mia due pensionati. Mi ricordo di avergli detto che non volevo votare e che uno di loro mi ha risposto che votare e’ un obbligo civico e l’altro che e’ un obbligo per tutti i cittadini maggiorenni.
XII/13
Mi ricordo che alle elezioni precedenti ero ricoverato nell’ospedale e che i membri del comitato nazionale passavano per i corridoi e le stanze con le urne elettorali. Mi ricordo che cancellavano i nomi da una lista e che stavano cercando uno che era appena morto.
***

MI ricordo l’omicidio di padre Popiełuszko.
XIII/2
Mi ricordo la proclamazione dello stato d’assedio in Polonia e gli occhiali scuri di Jaruzelski.
XIII/3
Mi ricordo che si diceva che i polacchi non volevano faticare. Mi ricordo che si diceva che per colpa dei polacchi non si trovavano le pietrine per gli accendini e lo sciampo.
XIII/4
Mi ricordo che si diceva che le polacche in cambio di un paio di calze o di un profumo la davano a chiunque. Mi ricordo che poteva addirittura essere un profumo russo.
XIII/5
Mi ricordo che si diceva che le ungheresi non la davano a nessuno. Mi ricordo che si ritenevano superiori. Mi ricordo che dall’Ungheria si portavano i dischi, i peperoncini e i salami.
XIII/6
Mi ricordo che a Praga i salami ungheresi si vendevano solo nei negozi Tuzex. Mi ricordo che all’ingresso c’erano sempre i cambiavalute al nero che offrivano i “buoni”. Mi ricordo che dicevano “Buoni?” oppure “A cinque l’uno!”.
XIII/7
Mi ricordo che le sigarette Sparta costavano otto corone, ma si vendevano un po’ ovunque a dieci o dodici corone, in seguito anche a quindici. Mi ricordo che i tabaccai non davano mai il resto.
XIII/8
Mi ricordo che i tassisti avevano sempre il “tassametro rotto”. Mi ricordo che negli anni Settanta nei taxi sono apparsi gli arbre magique (“per rinfrescare l’aria”), che coprivano il tassametro.
XIII/9
Mi ricordo che le Sparta “dure” erano piu’ apprezzate di quelle “morbide”. Mi ricordo che quelle prodotte in Boemia erano piu’ apprezzate di quelle prodotte in Slovacchia. Mi ricordo che le Sparta contenevano “tabacco della Virginia”.
XIII/10
Mi ricordo una battuta su come rendere dure le Sparta morbide: con una mano si afferrava il pacchetto e con l’altra si mimava la masturbazione. Mi ricordo di averlo fatto vedere una volta al Teatro di Malá strana a un’amica.
XIII/11
Mi ricordo un’altra battuta che ho raccontato a quell’amica: Perche’ Yul Brynner non puo’ portare un maglione a collo alto rosa? Perché sembrerebbe proprio una testa di cazzo!
XIII/12
Mi ricordo che un giorno nel Teatro di Malá strana e’ arrivato un amico con la petizione del VONS per la liberazione dei “dieci”. Mi ricordo che avevo paura e che ho tentennato a lungo se firmarla.
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MI ricordo il funerale di Jan Patoˇcka.
XIV/2
Mi ricordo che tutte le strade limitrofe erano piene di sbirri con le ricetrasmittenti che controllavano la gente. Mi ricordo che i percorsi dei tram e degli autobus erano stati modificati e che sul cimitero volteggiava un elicottero. Mi ricordo che nello stadio adiacente Stella rossa rombavano le moto dei poliziotti.
XIV/3
Mi ricordo che la polizia segreta arrestava in piena notte nei loro appartamenti i firmatari di Charta 77, li portava in macchina fuori Praga e poi li abbandonava in pigiama in mezzo ai campi e scompariva. Mi ricordo che dei vandali non identificati distruggevano ai membri di Charta 77 le macchine e svaligiavano i loro appartamenti. Mi ricordo che dei vandali non identificati di tanto in tanto gonfiavano di botte un dissidente la sera mentre tornava a casa. Mi ricordo che i vandali non identificati venivano chiamati dai dissidenti “la banda di Duchaˇc”, dal nome di uno sbirro.
XIV/4
Mi ricordo che dei vandali non identificati una notte sono entrati nell’appartamento di un mio amico, che in quel momento faceva il turno di notte. Quei vandali non identificati hanno obbligato sua moglie a spogliarsi e poi l’hanno presa a calci.
XIV/5
Mi ricordo che la polizia ha rifiutato di accettare la sua denuncia. Mi ricordo che hanno detto al mio amico che in futuro avrebbe fatto meglio a prestare maggiore attenzione alla gente che frequentava sua moglie.
XIV/6
Mi ricordo che nel luglio del 1989 la cognata di mia sorella ha detto che alle manifestazioni di gennaio erano andati soprattutto elementi sovversivi, capelloni e punk.
XIV/7
Mi ricordo che la cognata di mia sorella diceva di essere contro i comunisti, ma che manifestare assieme ai capelloni e ai punk non le sarebbe mai passato per la testa.
XIV/8
Mi ricordo che diceva di preferire Gorbaˇcev.
XIV/9
Mi ricordo che qualcuno diceva che avremmo dovuto essere grati a Gorbaˇcev.
XIV/10
Mi ricordo che qualcuno diceva che avremmo dovuto essere grati a Reagan.
XIV/11
Mi ricordo che qualcuno diceva che i cechi non si arrendono.
***

MI ricordo che nel 1975 sull’isola di Kampa alcuni dissidenti hanno bruciato i libri di Bohumil Hrabal.
XV/2
Mi ricordo che Karel Kryl in un’intervista su Radio Free Europe ha detto: “Finche’ Vaculík non può pubblicare i suoi libri, Hrabal non e’ che una puttana”. Mi ricordo che poi qualcuno ha detto che era facile parlare cosi’.
XV/3
Mi ricordo del “muro di John Lennon” a Kampa. Mi ricordo che c’era scritto: Siamo con te, John, Peace and Love e Il futuro ai giovani. Mi ricordo che per un giorno o due c’era stata anche la scritta: Membri della polizia! Rispettate questo luogo!
XV/4
Mi ricordo che nella birreria All’isola di Kampa andava spesso Jan Werich. Mi ricordo che Hrabal andava nella birreria Alla tigre d’oro.
XV/5
Mi ricordo che la gente confrontava le versioni dei libri di Hrabal pubblicati ufficialmente con quelli in samizdat e litigava in quali casi si trattava di “cambiamento stilistico” e in quali di “autocensura”.
XV/6
Mi ricordo che nel giugno o nel luglio del 1989 si diceva che Hrabal sarebbe diventato presidente dell’Unione degli scrittori cechi.
XV/7
Mi ricordo una battuta sulla perestrojka: Qual e’ la differenza tra la perestrojka e il verme solitario? Nessuna: tutti e due sono nella merda e di tanto in tanto ne cade fuori un pezzo.
XV/8
Mi ricordo che un amico che era emigrato negli Stati uniti mi ha chiesto in una lettera se credevo anch’io che Gorbaˇcev avesse davvero quella macchia per la vodka che aveva bevuto.
XV/9
Mi ricordo che una conoscente che era emigrata in Svizzera aveva indicato sulla richiesta di asilo politico di non essere mai stata membro di nessun partito o associazione politica ad eccezione del Partito comunista cecoslovacco.
XV/10
Mi ricordo dell’intervista di Alexander Dubˇcek sul quotidiano italiano l’Unita’ nel 1988 (nel ventesimo anniversario dell’invasione), nella quale diceva che secondo lui gli emigranti che all’estero non erano incorsi nel reato di diffamazione della repubblica socialista avrebbero dovuto avere la possibilita’ di tornare in patria.
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MI ricordo il “passaporto grigio”.
XVI/2
Mi ricordo che su Diritto rosso era uscita una volta una riflessione sugli emigranti che scappavano davanti a se stessi, ma che era proprio impossibile.
XVI/3
Mi ricordo che la gente iscriveva i propri figli nella lista per gli appartamenti delle cooperative non appena nascevano. Mi ricordo che le persone si denunciavano a vicenda di avere appartamenti troppo grandi. Mi ricordo che si usava l’espressione “vivere oltre i metri”.
XVI/4
Mi ricordo che una mia conoscente aveva a casa un prezzario delle tangenti: quanto doveva dare al meccanico per ogni tipo di lavoro, quanto all’impiegata del Comitato nazionale di quartiere, quanto alla conoscente dell’agenzia viaggi, quanto ai dottori.
XVI/5
Mi ricordo che mio padre una volta non voleva accettare i soldi (il “pedaggio”) da una paziente. Mi ricordo che lo ha ringraziato e gli ha detto che non era per quello. Poco dopo si e’ trovata un altro dottore e non si e’ più fatta vedere da mio padre.
XVI/6
Mi ricordo il modo di dire Chi troppo lavora, si accorcia la vita. Mi ricordo che i lavori comodi venivano chiamati PRP (poca rottura di palle) o NRP (nessuna rottura di palle).
XVI/7
Mi ricordo che i lavoratori della fabbrica di automobile Tatra si sono impegnati a produrre dieci telai in piu’ per festeggiare il volo nel cosmo di Vladimír Remek.
XVI/8
Mi ricordo che il volo di Remek e’ stato il regalo piu’ bello per le nostre donne in occasione del giorno internazionale della donna.
XVI/9
Mi ricordo che il maggior numero di trichechi al mondo viveva nel mare di Ochotsk.
***

MI ricordo che quando Sacharov e’ tornato nel dicembre del 1986 a Mosca, molta gente diceva che ormai la situazione stava per scoppiare.
XVII/2
Mi ricordo che nell’enciclopedia in tre volumi dell’Accademia delle scienze, uscita negli anni Ottanta, era riportato l’elenco dei vincitori del premio Nobel. Mi ricordo che mancavano Sacharov e Solženicyn.
XVII/3
Mi ricordo che nell’edizione ceca del Nome della rosa era stato censurato il passo in cui si accennava all’occupazione della Cecoslovacchia. Mi ricordo che qualcuno mi ha detto che nell’edizione slovacca c’era.
XVII/4
Mi ricordo che nell’edizione ceca dello Scrittore fantasma di Philip Roth era stata censurata la dedica a Milan Kundera. Mi ricordo che nell’edizione ceca del Visionario di Julien Green era stato censurato il motto di Franz Kafka.
XVII/5
Mi ricordo i ritratti di Marx, Lenin e Gottwald nella vetrina del salumiere di Viale degli Eroi di Dukla. Mi ricordo la canzone “Come Marx e’ diventato marziano”.
XVII/6
Mi ricordo che si diceva che Gottwald avesse la sifilide. Mi ricordo che si diceva che Stalin avesse la sifilide e Fuˇcík avesse avuto diverse volte la gonorrea, o forse anche lui la sifilide. Mi ricordo che si diceva che Husák avesse il morbo di Parkinson.
XVII/7
Mi ricordo che all’inizio degli anni Settanta “essere una brava persona” significava non essere membro del partito. Mi ricordo che pian piano aveva smesso di essere cosi’ e “brava persona” in seguito poteva essere anche un membro simpatico del partito, uno che nel partito ci stava solo “per finta”.
XVII/8
Mi ricordo che nel nostro palazzo abitavano uno della polizia segreta e un membro del Comitato centrale. Mi ricordo che il membro del Comitato centrale mi salutava sempre con voce squillante, anche se io non rispondevo al suo saluto. Mi ricordo che davanti a casa lo aspettava sempre una ˇcaika nera.
***

MI ricordo che a meta’ degli anni Ottanta ho sospettato per diverse settimane che Karel Srp fosse un confidente. Non mi ricordo perche’ ho smesso di sospettarlo.
XVIII/2
Mi ricordo che nella Sezione jazz si diceva che dietro di Srp ci fosse un pezzo grosso.
XVIII/3
Mi ricordo che alcuni “speravano in Štrougal”.
XVIII/4
Mi ricordo un amico che era emigrato in Francia e per alcuni mesi aveva lavorato per la rivista Testimonianza, ma poi aveva iniziato a pensare che Tigrid fosse in realta’ un confidente e aveva abbandonato la redazione.
XVIII/5
Mi ricordo che una volta stavo chiacchierando con un amico nell’enoteca Al casolare. Accanto a noi stava seduta una coppia di confidenti, che ha poi chiamato la Sicurezza per farci controllare, e che gli sbirri sono poi davvero venuti a controllarci e perquisirci.
XVIII/6
Mi ricordo di aver avuto per un certo periodo il mio sbirro personale che mi convocava “per parlare”. Mi ricordo che questo confidente si chiamava Strnad – Zigolo.
XVIII/7
Mi ricordo che un amico mi ha detto che il suo sbirro si chiamava Cardellino. Mi ricordo che poi qualcuno mi ha detto che tutti gli sbirri personali si chiamano Zigolo, Cardellino, Fringuello, Passero, Rondine, Gabbiano.
***

MI ricordo che in occasione di qualsiasi festa per strada risuonava dagli altoparlanti una musica allegra. Mi ricordo che si sentiva anche con le finestre chiuse.
XIX/2
Mi ricordo una canzone militare sui piloti “Noi piloti abbiamo degli uccelli d’acciaio”. Mi ricordo che io e un amico un giorno l’abbiamo cantata in tram tornando alle sei di mattina da una bevuta e mi ricordo le occhiate cariche d’odio della gente che stava andando a lavoro. Mi ricordo che una signora ha detto che quelle erano battute stupide.
XIX/3
Mi ricordo che nel nostro palazzo uno degli inquilini beveva. Mi ricordo che emanava sempre una puzza di alcol e che faceva fatica a inghiottire. Mi ricordo che una volta in ascensore mi ha detto di scappare da questo paese finche’ ero ancora giovane.
XIX/4
Mi ricordo che in Ungheria nell’estate del 1989 erano stati i cavalieri di Malta ad aiutare gli esuli tedeschi.
XIX/5
Mi ricordo che alle manifestazioni di Berlino nel novembre del 1989 la gente gridava: “Wir sind das Volk!”.
XIX/6
Mi ricordo il giorno in cui e’ caduto il muro di Berlino. Mi ricordo che ho telefonato a un amico per sapere se lo sapeva gia’. Il mio amico ha sollevato la cornetta e ha detto: “Ich bin ein Berliner”.
***

MI ricordo la scritta In prima linea con il Partito comunista per l’ulteriore consolidamento delle certezze della vita.
XX/2
Mi ricordo che il 28 ottobre del 1988 manifestavano su Piazza San Venceslao gli “elementi declassati” e che invitavano una certa parte della giovane generazione a seguirli.
XX/3
Mi ricordo di Vlasta Chramostová e Marta Kubišová in Piazza Škroupa nel dicembre del 1988.
XX/4
Mi ricordo che alle manifestazioni si scandiva: “Diritti umani, diritti umani!”.
XX/5
Mi ricordo che un tizio che passava accanto ha chiesto se era li’ che si vendevano gli alberi di natale.
***

MI ricordo la morte di Pavel Wonka.
XXI/2
Mi ricordo il funerale di Jan Palach. Mi ricordo la notizia della morte di Jan Zajíc. Mi ricordo che Pavel Wonka e’ morto per un’embolia ai polmoni in conseguenza di una trombosi e dell’arresto dell’attivita’ cardiaca.
XXI/3
Mi ricordo che il funerale di Pavel Wonka si e’ tenuto il 6 maggio 1988 a Vrchlabí.
XXI/4
Mi ricordo che nel 1989 in Cecoslovacchia c’era un milione e mezzo di membri del Partito comunista.
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MI ricordo alcune scritte del novembre del 1989: Miloš – addio!, Jakeš nel cestino, Karel Gott e’ con noi, Non ci faremo imbrogliare, Il week end non ci fermera’.
XXII/2
Mi ricordo che la gente faceva tintinnare le chiavi. Mi ricordo gli slogan: Il momento e’ arrivato, Liberta’, liberta’, Dialogo, Evviva gli attori, Basta aver paura, Siate disciplinati e Rispettate i segnali stradali!
XXII/3
Mi ricordo che Radio Free Europe ha annunciato che gli scontri con la polizia avevano provocato almeno tre o quattro morti.
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MI ricordo che mio padre ascoltava The Voice of America.
XXXIII/2
Mi ricordo che mio padre ha fumato in successione le sigarette Partyzán, Globus, Start, Clea e Petra.
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MI ricordo la melodia Sha-la-la-la-li, yeah!

Comunisti

La Storia racconta che il 9 ottobre 1967 a La Higuera, il piccolo villaggio della Bolivia dove era tenuto prigioniero, Ernesto Guevara trovandosi di fronte a Félix Ramos, l’agente della CIA di origine cubana a cui era stato affidato il compito di interrogarlo, gli sputo’ in faccia.

A questo punto le versioni divergono. C’e’ chi dice che la reazione del “Che” fu causata dal fatto che Ramos, nell’interrogatorio, volendo causargli dolore gli strappo’ parte della barba, ma c’e’ anche chi racconta che fu soprattutto per una frase di scherno che Ramos gli rivolse: “Che effetto ti fa essere qui a morire, mentre Fidel se la sta spassando all’Havana?”

Forse la versione piu’ vera e’ la prima, quella della barba strappata, ma per una strana ragione, legata soprattutto al mio ingenuo idealismo, preferisco credere piu’ alla seconda, e l’immagine di Fidel Castro che si fuma il suo bel sigaro comodamente stravaccato nella suite presidenziale dell’Hotel Nacional di Havana mentre a La Higuera il “Che” viene assassinato nel modo piu’ vile, mi e’ sempre rimasta impressa.

Questo episodio mi torna alla mente ogni volta che c’e’ qualcuno che, comodamente seduto sulla sua poltrona presidenziale, al riparo da ogni possibile disagio sia economico che di altro genere, si mette a fare la ramanzina ai poveracci perche’ affrontino di buon grado i sacrifici necessari per mantenere i privilegi a lui, ai suoi figli e a tutta la sua corte di boiardi.

D’altronde, cosi’ come altri personaggi di cui e’ coetaneo, anche Fidel Castro si e’ sempre definito un comunista. Ma quanta diversita’ fra lui e il “Che”…

La legge bavaglio in Ungheria

Il Parlamento ungherese ha approvato la madre di tutte le leggi bavaglio che d’ora in poi saranno prese ad esempio dai leader piu’ reazionari e liberticidi d’Europa. Qualcosa che, come direbbe qualcuno, “neanche nello Zimbawe”. Ma a quanto pare i tempi stanno stringendo, le caste privilegiate iniziano a sentire odore di bruciato dietro al culo, i politici temono di perdere le loro poltrone e cercano di tutto per tappare le falle dalle quali sta sfuggendo inesorabilmente il consenso. Purtroppo, una volta arrivata al potere con mille promesse, certa gente non ha poi le ricette giuste per aggiustare la situazione economica e sociale, ormai degenerata, e la repressione delle liberta’ diventa l’unico strumento per tenere a bada coloro che potrebbero anche essere tentati un giorno o l’altro di prendere i forconi.
Non sto qui ad indicarne i dettagli, ma questo abominio legislativo e’ stato concepito dal partito adesso al governo, Fidesz, che deludendo tutte le attese degli elettori moderati e liberali, non ha potuto evitare di mostrare la sua autentica faccia, che e’ poi quella che hanno un po’ tutte le destre in quei paesi dove una vera democrazia moderna di stampo anglosassone non ha mai attecchito del tutto, ed in cui un latente desiderio di totalitarismo mai sopito accomuna i popoli.

D’altronde, anche le recenti vicende italiche – a cui pare il centro destra ungherese si stia ispirando non solo per quanto riguarda la legge bavaglio sull’informazione – insegnano che le cose devono essere fatte subito, quando il governo in carica ha ancora la maggioranza, altrimenti rischia di vedere il consenso sfaldarsi, ed il premier ungherese Victor Orban, che sull’onda del successo elettorale puo’ in questo momento contare sul voto favorevole del 70% dei parlamentari, non si e’ fatto sfuggire l’occasione di un colpo di mano che lo metta al sicuro qualora la situazione, che vede sempre piu’ disoccupati ed un aumento esponenziale del numero dei poveri, dovesse peggiorare.

Se c’e’ una cosa che gli ungheresi non sopportano, pero’, e’ quando sentono l’odore del vecchio cinquantennio sovietico, e questa legge un po’ ricorda la censura con la quale il regime comunista contrastava chi gli si opponeva. Se pur condite con artifici legislativi di dissuasione invece coercitivi, le nuove norme sono state fatte volutamente vaghe e mal interpretabili, cosi’ da lasciar spazio all’arbitrio di chi e’ al governo di poterle gestire a proprio comodo, colpendo miratamene gli oppositori. In sostanza un vero schifo, fra l’altro approvato in fretta e furia con uno stile vagamente rassomigliante a quello che sembra essere il nuovo modo di far “parlamento” di una certa destra europea e poco importa se, in segno di protesta, i rappresentanti del partito verde LMP si sono tappati la bocca con del nastro adesivo durante la votazione. Ormai pare che le minoranze, anche se nell’insieme rappresentano una fetta consistente della popolazione, in questo nuovo clima sempre piu’ maggioritario, siano del tutto ignorate.

Dovevamo cosi’ attendere venti anni per ritrovarci di nuovo sottoposti ad una censura di stampo totalitario, ed in questo devo dire, ahime’, che tutto il mondo e’ paese: gli esseri umani, di qualsiasi cultura siano, tendono a dimenticare… o meglio, chi governa fa di tutto perche’ la gente, una volta dato il voto, dimentichi. E cosi’ viene usato sempre piu’ spesso il rimbambimento generale con cure a base di televisione idiota e grandi fratelli, oppure viene fomentato un clima di paura, di odio e d’insicurezza perche’ arriviamo ad affidare a degli azzeccagarbugli, il cui solo scopo e’ arricchirsi alle nostre spalle, delle vere e proprie deleghe in bianco che poi, immancabilmente, diventano quei capestri ai quali veniamo impiccati.

E’ un’idea anarchica la mia? Non lo so. Non mi sono mai posta il problema prima di adesso, almeno in Ungheria, ma ho sempre piu’ scarsa fiducia nelle istituzioni ed in chi dovrebbe avere il compito di garantire la nostra fragile democrazia. Persino Fidesz, nonostante facesse credere di essere una destra di tipo liberale, sta dimostrandosi l’opposto. D’altronde, il tutto e’ stato gia’ abbastanza chiaro quando Orban ha formato il suo governo: ben il 40% della compagine e’ costituito da ex burocrati ed informatori della polizia segreta durante il vecchio regime comunista. Tutta gente della quale avremmo preferito non sentir piu’ parlare e che invece, per uno strano gioco di alchimie politiche, ci ritroviamo un’altra volta fra i coglioni. Stavolta pero’ decisa a non mollare piu’ la sedia sulla quale si e’ potuta di nuovo sedere.

In realta’, ho sempre pensato che gli ungheresi sarebbero arrivati un giorno a rimpiangere l’ex primo ministro Gyurcsany, non esente da colpe per il modo in cui ha governato negli ultimi anni, ma mai mi sarei immaginata che sarebbe avvenuto cosi’ presto. Sono gia’ molti, infatti, gli elettori di destra che vengono oggi colti da nausea quando sentono lo slogan “forradalmi Nemzeti kormány együttműködés”, con il quale Fidesz ha bombardato l’elettorato per convincere chi era stanco dei socialisti e del loro sistema di corruttele, di essere gli unici in grado di mettere in campo una vera e propria rivoluzione liberale. Ma piu’ che di un rivoluzionario liberale, adesso Orban sta assumendo per molta gente i tratti di un moderno Béla Kun, e la sua popolarita’ sta precipitando ad un ritmo vertiginoso: ben cinque punti in meno in due giorni, mentre il suo antagonista, il socialista Ferenc Gyurcsany ne ha guadagnati tre.

Non mi sorprenderei – ed un po’ temo che accada – se, perdendo consensi fra i moderati, Orban cercasse un’unione piu’ stretta con i neonazisti di Jobbik, ansiosi di supportarlo qualora accettasse le loro richieste xenofobe ed anti tzigane. Se questo avvenisse, sarebbe davvero la fine per me, per il mio progetto ed anche per la mia gente, e mi ritroverei da un momento all’altro a non avere piu’ un posto dove poter vivere in pace.

Dopocena con Irina

La donna russa seduta dall’altra parte del tavolo sa perfettamente quanto le costa questa cena, almeno dal suo punto di vista. Per essere certa di piacere e di essere ammirata, ha passato almeno due ore davanti allo specchio per prepararsi, depilarsi alla perfezione e truccarsi, cinque ore in giro per negozi per scegliere le scarpe giuste, tre giorni per trovare un vestito adeguato e sei giorni di dieta per entrarci dentro alla perfezione. Aggiungeteci quello che ha speso per la pedicure, la manicure ed il parrucchiere ed avrete ben chiaro che questo appuntamento e’ assai vicino a qualcosa che assomiglia ad un evento da un milione di euro. Seppiatelo. Quindi, con tutti quei preparativi, e’ impossibile che lei non si senta terribilmente in credito nei vostri confronti, e si attenda che, oltre ad ammirarla, le consentiate anche ogni suo capriccio. E come il protagonista del romanzo di J.D. Salinger, “Il giovane Holden”, accuratamente osserva: “Se una ragazza e’ cosi’ attraente quando ti incontra, chi se ne frega se e’ arrivata in ritardo? Nessuno.”

Bene, i piani di battaglia per la notte sono stati preparati, entrambe le parti hanno schierato le loro armi sul tavolo: voi la vostra carta di credito, lei la sua bellezza. A questo punto del gioco non ci puo’ essere piu’ alcuna discussione per quel che riguarda il denaro, vale a dire il costo della cena. Quindi scordatevi di poter fare “alla romana” al momento del conto. Non siete a Roma e Irina non e’ abituata ad uscire a cena con dei pezzenti che non possono permetterselo. Pero’ se ve la sentite ed avete coraggio, potete provarci…

L’unico risultato che otterrete, statene certi, e’ che lei vi fara’ capire che non e’ quello il modo di trattare una signora ed e’ praticamente garantito che non la rivedrete mai piu’. Per questo motivo, questa indimenticabile esperienza di invitare una donna russa come Irina a cena, e’ consigliata solo a chi potra’ contare di avere con se’ l’intera collezione delle sue carte di credito – bronzo, argento, oro, platino, doppio platino. Si’, portatele tutte e non dimenticatevi del libretto degli assegni, che’ non si sa mai. Forse, per punirvi per tutto il lavoro, il tempo ed i soldi che ha speso per questo appuntamento, ordinera’ piatti cosi’ costosi da farvi venire dei dubbi sulla vostra reale capacita’ di riuscire a pagare il conto e, indipendentemente da quanto sia snella ed in forma, ordinera’ cosi’ tanto cibo da sostenere l’intero esercito russo per una settimana. Tanto che non riuscirete a spiegarvi come mai fra le donne russe ce ne siano pochissime che sono obese nonostante abbiano un tale appetito.
Bene, e questo vi porta inevitabilmente a porre la domanda se le donne russe siano o no materialiste. Si’, certamente lo sono. Come lo sono tutte donne. Non e’ infatti possibile pensare ad un solo posto al mondo dove la vista di un centro commerciale non causi palpitazioni cardiache nelle appartenenti al genere femminile. Tuttavia, considerato il fatto che alle donne russe sono stati negati sette lunghi decenni di shopping compulsivo, cio’ ha certamente avuto un piccolo effetto sul loro modo di apprezzare le cose terrene. E’ per questo che spendono la maggior parte del loro reddito in profumi e vestiti, e da cio’ si comprende anche il motivo della massiccia quantita’ di negozi a Mosca specializzati nella vendita di tali articoli.

Adesso immaginiamo che la cena sia stata un successo, che il tempo trascorso a parlare e a guardarvi negli occhi sia stato il piu’ bello che abbiate mai passato, sia voi che Irina, e che sia arrivata l’ora darvi la buonanotte… in un modo o in un altro. In primo luogo, anche se la metropolitana e’ un metodo di trasporto assai conveniente e sicuro nella capitale – cosi’ come lo e’ anche nelle altre citta’ della Russia -, e’ meglio che investiate gli ultimi spiccioli che vi sono rimasti in un taxi. Irina e soprattutto i suoi piedi doloranti dentro quelle scarpe dai tacchi altissimi, apprezzeranno il pensiero. Naturalmente, per tutta la durata della corsa vi domanderete: “Che cosa succede dopo?” Poi inizierete a pensare a tutte quelle storie di sesso selvaggio di cui sono capaci le donne russe. Storie che avete letto nei vari giornalacci, in internet oppure che avete sentito raccontare da qualcuno dei vostri amici. Ma e’ vero cio’ che si dice delle donne russe? E’ davvero piu’ facile per un uomo andare a letto con una donna in Russia che in altri luoghi? Dato che voi siete dei gentiluomini, non forzerete la mano per verificarlo e lascerete che la delicata questione venga risolta permettendo che sia proprio Irina a decidere…


Ma sarete in grado di assecondare la sua decisione, anche se questa sara’ contraria ai vostri desideri? Saprete controllarvi se, arrivati a casa sua, lei non vi offrira’ di entrare? Riuscirete a non cedere alla tentazione di saltarle addosso cercando di metterle le mani dappertutto? Questo non fa parte dell’oggetto di questo post e, come in ogni rappresentazione che si rispetti, a questo punto conviene andare in dissolvenza, pero’ qui torniamo alla domanda iniziale: cosa vi attendete da una donna russa? Cosa cercate in lei? Cosa pensate possa darvi? Sesso? Gratificazione? Felicita’? E’ possibile che possiate avere tutto cio’ al primo appuntamento senza che abbiate a che fare con una prostituta, ma con una donna che normalmente ha accettato un vostro invito a cena?

Come ho detto piu’ volte, esistono sempre le eccezioni, ma se vi fidate di me che conosco abbastanza bene questo argomento, posso dirvi sinceramente di “no”. O forse si’… ma dovreste essere molto fortunati, almeno quanto possiate esserlo in qualsiasi altra parte del mondo, perche’ una donna russa non puo’ assicurarvi tutto quello che desiderate piu’ di quanto possa farlo una donna italiana, ungherese, tedesca o spagnola.

Se parlaste con un mio amico che ha vissuto in Russia per molti anni, lui sosterrebbe che le donne russe sono estremamente belle ed intriganti, ma mai contente, mai del tutto disinteressate e sono molto calcolatrici. Per la loro mente un uomo dovrebbe essere una specie di frullato misto fra la creativita’ e l’impulsivita’ di Vladimir Vysotsky, la ricchezza di Bill Gates, e la prestanza fisica di Arnold Schwarzenegger. E’ in base a cio’ che il mio amico afferma che questo e’ semplicemente troppo da gestire per qualsiasi uomo. Nessuno puo’ vivere costantemente in questa contraddittoria e penalizzante aspettativa che lo fa sentire perennemente come un fallimento. Percio’ c’e’ chi inizia a bere, chi diventa un puttaniere incallito oppure trascorre il tempo a fissare piattamente le cose intorno a se’. In pratica pare che le donne russe siano estremamente esigenti e perfezioniste, non solo con se stesse, ma soprattutto con i loro uomini che alla fine diventano dei frustrati, e non e’ la prima volta che sento quest’argomentazione contro di loro.

Nel film “Batman, il cavaliere oscuro”, c’e’ una scena in cui Bruce Wayne si presenta a cena con la prima ballerina del Balletto di Mosca. Sebbene la donna parli per non piu’ di dieci secondi, quello che dice e’ sufficiente a provocare, oltre che una certa ilarita’, anche una piccola riflessione su cio’ che il mio amico afferma. Parlando della triste condizione in cui versa Gotham City, ad un certo punto la donna rimprovera bruscamente gli ospiti a tavola per il fatto di vivere in una citta’ simile: “Come si possono allevare dei figli in una citta’ come questa… sto parlando di una citta’ che idolatra un vigilante mascherato.” Ecco che in questa frase si riconosce immediatamente la donna russa descritta dal mio amico: l’impossibile perfezionista che gli uomini amano oppure lasciano. Ma se il perfezionismo e’ la cosa peggiore che puo’ essere detta a proposito delle donne russe, dato che nonostante cio’ sono assai ammirate e desiderate, posso solo supporre che questo non sia propriamente un difetto.


Ma adesso permettiamo che sia Irina a concludere, a dire come la pensa, magari mentre riflette se sia o no il caso di continuare la serata con voi…

– Con una falce in una mano e balalaika nell’altra? Mi viene un po’ da sorridere, anche se questa immagine e’ parzialmente vera in quanto la versatilita’ e’, infatti, la caratteristica principale di noi russe. Possiamo tenere la falce e il martello, ma al tempo stesso cio’ non c’impedisce di avere una perfetta manicure, essere delle accademiche e preparare la cena. In un primo momento, dunque, potreste sostenere che noi donne russe, ad esempio, non siamo altro che strumenti adeguati per sopravvivere in una carestia, ma poi subito dopo potreste anche dire che mai vi sareste aspettati di vederci cosi’ adatte al ruolo di modelle. Pero’ non e’ una contraddizione. Una donna con una falce puo’ in ogni caso essere femminile, e con questo non voglio confondere la bellezza con la femminilita’, perche’ non e’ cosi’. Una donna puo’ essere estremamente femminile anche senza essere attraente.

C’e’ anche una citazione di Nikolay Nekrasov, che in Russia e’ molto popolare, che ci descrive molto bene e dice che una donna russa “puo’ fermare un cavallo al galoppo e camminare in una casa in fiamme”. E per quanto riguarda le capre ed i lamponi, adesso posso confessare che, se proprio si vogliono usare degli stereotipi, si puo’ tranquillamente cambiare la capra con una mucca, perche’ ogni ragazza russa romantica, normalmente, mungerebbe le mucche alle quali di solito confida anche i suoi segreti, mentre la capra finirebbe per essere confusa con il fratellino che, nei racconti popolari russi, viene sempre trasformato in una capra da una strega, e dubito che una russa mungerebbe suo fratello. Ed infine, basta con questa storia del “malinka, malinka moja!” Invece di raccogliere lamponi, la vedrei meglio a raccogliere patate.

Quindi, si puo’ ipotizzare che le donne russe siano appena piu’ numerose delle falci e dei martelli, ed anche delle capre ed dei lamponi. Una donna che ho ammirato molto ne e’ stata un esempio perfetto. Era a capo del laboratorio che ispezionava le strutture di depurazione delle acque in gran parte della Russia europea. Si e’ avventurata per anni con gli stivaloni di gomma in mezzo a torbiere e paludi, ma allo stesso tempo era nota per avere i vestiti piu’ alla moda della citta’, che faceva con le proprie mani perche’, a quel tempo, solo poche persone potevano permettersi di comprare vestiti decenti nei negozi.

Le donne russe di oggi, se proprio devo generalizzare, sognano di diventare come le casalinghe americane degli anni ‘50 del film “Mona Lisa Smile”, ma contemporaneamente ne sono spaventate perche’ sopraffatte da questa malattia: l’amore ossessivo per tutto cio’ che e’ occidentale. Per cui vorrebbero comportarsi come le ragazze di “Sex and the City”, ma sostanzialmente non riescono a farlo. Si rendono conto che non possono essere indipendenti dagli uomini, non tanto perche’ non possono sopravvivere senza di loro, quanto per il fatto di essere cresciute con l’idea che una donna debba sempre avere un uomo e che quella sia l’unica relazione “naturale” davvero possibile. Quindi, non possono immaginarsi una vita senza un uomo forte al loro fianco.


Forse questo modo di pensare si rifa’ ad un antico libro russo del sedicesimo secolo intitolato “Domostroi”, che letteralmente vuol dire “costruzione della casa”, intesa come ambiente in cui vive la famiglia. In pratica si tratta un codice che insegna come far funzionare la casa e la famiglia, in cui e’ specificato come la moglie dovrebbe comportarsi: modesta, crescere i figli, e rispettare suo marito obbedendogli sempre. Alcune clausole stabiliscono anche che un uomo puo’ battere una donna. Naturalmente, oggi nessuno piu’ e’ d’accordo con quanto scritto in quel libro, anche se in Russia e’ ancora ampiamente sentito il detto: “Se un uomo colpisce una donna, vuol dire che la ama.”

Il quadro che viene dipinto e’ quindi solo di un tipo, ed e’ quello che definirei “della donna Rublёvka”, quella che non dice mai “spasibo” e va in giro con la sua borsetta di Chanel. Ma quando si parla della sua “femminilita’”, ci si dovrebbe concentrare di piu’ sulla sua grazia, sulla sua postura, sul modo in cui si muove e parla, sul suo portamento e non certo sui ristoranti alla moda che frequenta.

Oggi, le donne russe sono considerate fra le piu’ belle del mondo. Come ho detto, la falce e la balalaika sono immagini parzialmente vere, perche’ una donna russa puo’ salvare una vita in una trincea e costruire ferrovie, ma nello stesso tempo, nella sua anima e’ debole, fragile, persino ingenua, in ricerca perenne del suo principe. Ed anche se c’e’ un valido motivo per sostenere che sognano un mix di Vladimir Vysotsky, Bill Gates e Arnold Schwarzenegger, non vedo in cio’ alcunche’ di particolarmente tremendo. In Occidente gli uomini non sognano forse un ibrido fra Angelina Jolie, Charlize Theron e Megan Fox? Ma non e’ detto che certi sogni debbano per forza avverarsi…

Molti uomini occidentali, che hanno scelto di avere una storia con una donna russa, o comunque proveniente dall’est Europa ex sovietica, sono innanzi tutto colpiti dalla sua versatilita’ in combinazione con un’evidente avvenenza. Ed e’ innegabile, ed anche comprensibile, il loro entusiasmo. Abbiamo certamente anche noi i nostri difetti, ma siamo fondamentalmente donne meno complesse, senza tutte quelle paturnie con le quali i suddetti uomini devono fare i conti relazionando con le loro connazionali. Soprattutto ci vedono dolci, sincere, amorevoli e molto mature. Alcune delle mie amiche piu’ care hanno trovato i loro compagni fuori dalla Russia: in Italia, Francia, Germania, Svizzera, Belgio, Svezia, Stati Uniti. Non siamo affatto esigenti come qualcuno ci descrive, anzi siamo definitivamente molto realistiche. Infatti, non credo che quegli uomini che hanno scelto di avere una di noi come compagna stiano nuotando nelle carte di credito doppio platino. Molte di queste mie amiche, fra l’altro, hanno studiato all’universita’ e se avessero continuato a vivere in Russia, potevano anche contare su una discreta carriera, ma ora sono felici di costruire una vita insieme alla persona che amano indipendentemente dal fatto di aver rinunciato ai frutti di quegli studi. Anche perche’ in Russia, oggi, le donne in carriera non sono realmente ben viste dalla gente, ed il vero motivo e’ che, se hanno bisogno di competere aspramente con gli uomini, come negli affari oppure nella politica, beh… questo significa che non hanno avuto successo nella loro vita privata, e non hanno trovato l’uomo giusto.

Penso che ci sia una personalita’ che veramente rispecchia l’ideale di donna russa, e la si puo’ trovare in Tatiana dal poema classico di Pushkin, “Eugenio Onegin”. Tatiana ha tutte quante le qualita’ tipiche ed il modo in cui dovrebbe essere la “pura” donna russa: e’ romantica, vulnerabile, sincera e disposta a sacrificare qualsiasi cosa per il suo vero amore.

Negli ultimi anni, pero’, tormentate da una serie di fattori esterni, cosi’ come da uomini disonesti, deboli ed indecenti, le donne russe sono generalmente diventate meno aperte, piu’ sospettose, meno felici e forse piu’ disperate. Oltre a cio’ ci sono moltissime riviste dedicate al mondo femminile che non fanno altro che suggerire comportamenti per come essere piu’ bastarde possibile, insegnando i metodi piu’ subdoli per catturare l’uomo giusto, e tutte le bugie che devono essere raccontate, trasformando in questo modo l’intelletto naturale femminile in qualcosa di sporco e di certo non apprezzabile. E quando gli uomini leggono questi suggerimenti, e lo fanno, restano inorriditi nello scoprire in quali grinfie potrebbero capitare. Ma la realta’ e’ diversa. Anche questa della “femmina bastarda” e’ un’immagine distorta e non veritiera. Come ho detto prima, il vero amore e’ molto importante per ogni donna russa e nonostante sia debole e vulnerabile, il suo istinto sara’ quello di seguire il suo uomo e condividere con lui tutto quanto. Anche cio’ che moralmente a molta gente potrebbe apparire non edificante.

Ecco, siete giunti al termine del tragitto in taxi. Onestamente non conosco le intenzioni di Irina per il dopo cena; se v’invitera’ a seguirla oppure se vi salutera’ castamente e si defilera’ lasciandovi li’ con tutto il vostro bagaglio di desiderio. In ogni caso, se volete davvero sapere com’e’ una donna russa non lo scoprirete mai semplicemente incontrandone una per una notte, neppure se si tratta di Irina, perche’ lei, in fondo, e’ solo un sogno.

La prima parte dell’incontro con Irina la trovate QUI

A cena con Irina

Olga, Natasha, Oksana, Irina… sono nomi che fanno venire in mente qualcosa di ben preciso, stereotipi femminili troppe volte basati sul sentito dire, ma che spesso niente hanno a che vedere con la realta’. Ma io credo di conoscerla assai bene quella realta’, e se vorrete seguirmi potrei farvi scoprire qualcosa di leggermente diverso da quello che siete portati ad immaginare ogni volta che pensate alla Russia, ed in particolare alle donne russe.
Nonostante l’apertura delle frontiere, la globalizzazione ed i progressi che sono stati fatti nel campo della comunicazione, la Russia e’ ancora vista dall’Occidente attraverso una lente che la distorce, ne sfuma i contorni e che troppo spesso, oggi, la fa assomigliare ad una specie di parco di divertimenti per adulti dove le donne sono oggetti a buon mercato che ogni uomo puo’ acquistare per il proprio sollazzo. Infatti, gli stereotipi sono talmente radicati in profondita’ che tante persone, anche se si trovassero faccia a faccia con una cruda realta’ totalmente diversa da quella che hanno in mente, non riuscirebbero mai a riconoscerla e proprio per questo non sarebbero in grado di comprenderla pienamente.

Benvenuti dunque, cari amici, nella patria di quelle che sono considerate le donne piu’ belle del mondo; la terra leggendaria del latte, del miele e del sesso in cui ogni uomo, prima o poi, vorrebbe farci una capatina sol anche per scoprire se cio’ che si dice e’ vero oppure se sia solo frutto di racconti millantati. Preparatevi percio’ a spalancare gli occhi e la mente. Lasciate fuori da qui il vostro bagaglio di luoghi comuni ed entrate pure attraverso la mia porta in un mondo che, tanto tempo fa, e’ stato anche mio e che ancor oggi continua in qualche modo a far parte della mia vita. Cosi’, forse, in questo nostro immaginario incontro riusciro’ a ripercorrere insieme a voi un breve tratto della mia giovane esperienza. Ma prima di tutto ditemi con sincerita’: cosa davvero vi attendete da una donna russa?

Nel 1968, quando la Guerra Fredda era nel momento di massima tensione, i Beatles uscirono con “Back in the U.S.S.R.”, un brano che puo’ considerarsi una specie di ode alla donna sovietica. “Non sai quanto sei fortunato, ragazzo”, recitava la canzone, e credo che molte persone in quegli anni abbiano preso davvero a cuore quelle parole. In fondo, dalla parte occidentale della cortina di ferro, in modo colorito ed ironico, la femmina sovietica era immaginata con una falce in una mano e la balalaika nell’altra. Una donna piu’ industriosa che bella, con un carattere piu’ deciso ed impetuoso che timido, piu’ pratica che sognatrice. Infatti, il valore della donna era classificato dallo stesso regime in modo estremamente materiale che la poneva a meta’ strada tra una macchina agricola ed un buon raccolto di grano. Tutto cio’ era certamente molto utile nella giusta situazione – guerre, calamita’, carestie, rivoluzioni -, ma di sicuro non era l’ideale per farle vincere il titolo di coniglietta dell’anno.

Era dunque questa l’immagine che a lungo e’ rimasta radicata nell’immaginario collettivo occidentale, almeno fino al momento della caduta del comunismo, ed anche per alcuni anni successivi. Poi, le giovani donne russe hanno iniziato ad uscire dal paese, a viaggiare, a lavorare all’estero e ad avere successo laddove c’era la necessita’ di soddisfare i bisogni di chi era in ricerca di una mera fisicita’, avulsa dall’interiorita, ma che fosse pero nuova, esotica, diversa. Qualcosa che queste ragazze con i volti dai tratti delicati, gli zigomi alti, gli occhi chiari ed i corpi flessuosi plasmati e tonificati da anni di attivita’ fisica imposta dal regime, riuscivano facilmente a donare. Modelle, indossatrici, ballerine, lap dancer, prostitute, dimostravano che quello stereotipo che le aveva mostrate fino a quel momento poco femminili, non dedite alla cura della propria persona e piu’ adatte a lavori di fatica che a ruoli d’immagine, era del tutto sballato.


Adesso, pero’, facciamo un gioco: immaginatevi per un attimo di essere seduti in un ristorante di Mosca… di quelli alla moda, raffinato, con le luci soffuse, le candele sui tavoli ed i violini tzigani. Cercate di dimenticarvi della stanchezza accumulata durante il viaggio, oppure della consueta perdita dei bagagli che quasi sempre avviene con Aeroflot, e datevi un pizzicotto cercando di svegliarvi da quello che credete sia un sogno…

No, non lo e’! E’ tutto reale, voi siete li’ e di fronte a voi, seduta dall’altra parte del tavolo, c’e’ colei che avete sempre sognato, una femmina fatale, sensuale, bellissima. Datele il nome che preferite, anzi no… se siete d’accordo chiamiamola Irina. Una donna russa. In questo caso l’aggettivo “russa” e’ assolutamente necessario, perche’ anche se non ci credete, una donna russa, anche se ha due occhi, due braccia, due mani, due gambe, due piedi e tutto il resto, e’ diversa da una donna italiana come lo e’, ad esempio, una donna francese da una donna ungherese oppure come una donna tedesca e’ diversa da una donna spagnola. Lo so, le generalizzazioni non si dovrebbero mai fare, pero’ a volte riescono a descrivere fatti e situazioni in un modo terribilmente accurato. “Aveva una bocca tedesca, orecchie francesi, culo russo”, scriveva Henry Miller ne “Il Tropico del Cancro”, nello sforzo di descrivere una particolare ragazza incontrata in un caffe’ parigino in una calda estate.

Comunque, il vostro incontro con Irina e’ iniziato gia’ fuori del ristorante. Prima ancora di entrare, Irina vi ha consentito di aprire la porta per lei. Infatti, se lo aspettava con freddezza e non ha dovuto neppure dirvi ‘”spasibo” poiche’ tale gesto ha per lei la stessa importanza che ha un soffio di vento che le scompiglia appena i capelli. In qualche modo pero’, stranamente, cio’ non vi ha infastiditi, anzi come in un ossimoro sentite dentro di voi come uno strano senso di liberazione, quasi di emancipazione, come se aveste superato con successo una prova. Ma non e’ tutto. La ragazza ha atteso che l’aiutaste a togliersi il soprabito, poi che le aggiustaste la posizione della sedia, poi che vi occupaste di ordinare le pietanze ed il vino, ed infine si attende che pagherete il conto salatissimo del ristorante, mentre lei neppure accennera’ o fara’ finta di aprire la sua borsetta di Chanel. Si’ certo, non e’ previsto che paghi la sua parte, ma lei sa che, anche se non si tratta di un incontro mercenario, gli italiani in quanto a galanteria non hanno da imparare da nessuno: non farebbero mai tirar fuori i soldi ad una donna, soprattutto al primo appuntamento, e soprattutto con un viso ed un corpo come il suo…

Pare una situazione anacronistica da diciannovesimo secolo? No, semplicemente la ragione di tutto cio’ e’ il femminismo, o meglio la sua completa assenza.

Non ve lo attendevate, vero? A questo punto e’ giusto dirvi qualcosa in modo che possiate comprendere meglio: quest’evidente assenza di comportamento femminista non significa affatto che la donna seduta dall’altra parte del tavolo, che sta disinvoltamente mangiandosi la sua dozzina di Belon 00 fatte arrivare freschissime dalla Francia, sia in qualche modo debole o sottomessa. In realta’, niente potrebbe essere piu’ lontano dalla verita’. Le donne russe hanno in qualche modo raggiunto, senza l’angoscia e la rabbia delle occidentali, un senso di liberta’, indipendenza e felicita’ che le loro sorelle in Occidente hanno sacrificato molto tempo fa sul grande campo di battaglia dei sessi.


La Russia, geograficamente isolata da molti dei momenti storici piu’ significativi avvenuti in Europa – l’Illuminismo, il capitalismo, l’industrializzazione, per citarne alcuni – si era sviluppata con il proprio ritmo lento almeno fino agli inizi del secolo scorso. E’ stato cosi’ che le dolorose questioni relative al giusto posto delle donne nel sistema industriale dell’epoca e’ stato oggetto di dibattito in Occidente mentre le donne russe, completamente fuori da quella realta’, stavano pacificamente a raccogliere lamponi e a mungere le capre nell’idilliaca campagna.

Ciononostante, al di la’ di quest’apparente arretratezza, mentre le donne americane non hanno ricevuto il diritto di voto fino al 1920, e le italiane addirittura non hanno potuto votare fino al 1946, le donne russe gia’ erano ritenute equiparate agli uomini e potevano influire nella vita politica e nella gestione dello stato fin dal 1917. Per questo motivo il concetto stesso di “parita’” e di “diritti fra uomini e donne” in Russia ancor oggi non e’ ben compreso. E’ qualcosa che si da’ per scontato e non esiste alcun motivo di risentimento, di rabbia o di frustrazione generata da tale problematica in quanto, tale problematica, nell’ultimo secolo non c’e’ mai stata e quindi del femminismo non c’e’ mai stato veramente bisogno.


E’ cosi’ assente tutto quel conflitto che, nelle relazioni fra uomini e donne, fa nascere incomprensione, risentimento e prevaricazione di un genere nei confronti dell’altro. Ed e’ anche per tale motivo che persino la concezione di “liberta’ sessuale” e’ completamente diversa da quella occidentale. Questa cosa, fra l’altro, e’ facilmente individuabile. Ad esempio, se in occidente ogni azione un po’ troppo insistente da parte di un uomo nei confronti di una donna rischia di essere male interpretata, sovra-analizzata ed anche, in certi casi, considerata illegittima e perseguitata in un tribunale – un corteggiamento troppo incalzante oppure delle parole troppo esplicite possono essere considerate molestie sessuali –, in Russia esiste un diverso approccio nei confronti degli stessi atteggiamenti e delle terminologie che li riguardano.

Difficilmente, infatti, si assistera’ in pubblico ad effusioni o ad espressioni verbali troppo esplicite da parte di maschi che giocano sull’equivoco fra complimento, corteggiamento ed insulto. Cosi’ e’ difficile assistere ad episodi di “gallismo” rivolti alle donne tipici di alcuni popoli mediterranei. Cio’ e’ dovuto al fatto che il gallismo, il corteggiamento incalzante e gli insulti con riferimenti sessuali hanno origine innanzi tutto da un sentimento di superiorita’ da parte di un genere rispetto all’altro, e dato che, com’e’ stato detto, tale sentimento e’ sempre stato pressoche’ inesistente, l’uomo russo e’ portato di conseguenza ad avere un comportamento diverso rispetto ad un uomo occidentale.


Oltre a cio’, quantunque il sesso in Russia non sia visto come una cosa sporca o motivo di vergogna, anche fra partner in pubblico viene tenuto un comportamento molto “casto”, vengono evitate effusioni troppo disinvolte o frasi con termini troppo espliciti. Si ritiene, infatti, che i sentimenti, come tutto cio’ che afferisce la sfera sessuale, siano territori esclusivi nei quali nessuno debba metterci piede se non i diretti interessati. Mentre nel privato, invece, vengono a cadere tutti i tabu’, molto piu’ che altrove, ed e’ cosi’ che le donne russe hanno un diverso modo di approcciare il piacere e godono dell’intimita’ in modo assai piu’ libero, piu’ completo, soprattutto senza quella frustrazione cosi’ tipica della femmina occidentale di sentirsi considerata spesso solo come un oggetto per il piacere dell’uomo. E questo accade da molto prima che nascesse il primo movimento femminista di liberazione sessuale.

Vi e’ dunque in Russia un equilibrio tra i sessi che e’ immediatamente riconoscibile. Tutte le congetture inutili tra maschi e femmine sono state spazzate via, oppure non sono mai esistite. Si’, ovviamente c’e’ sempre l’eccezione, ma in generale tutto e’ abbastanza semplice. Quasi tutti capiscono il loro ruolo e questo rappresenta sicuramente una ventata d’aria fresca per ogni uomo che non riesce piu’ a trovare il filo della matassa dei problemi che ha nelle sue relazioni con il sesso opposto. E non sorprende che siano sempre di piu’ gli uomini che in occidente iniziano una relazione, oppure si rifanno una nuova vita, dopo esperienze non gratificanti con loro connazionali, con ragazze russe o comunque di provenienza da quell’est Europa ex sovietica che traeva gran parte dei suoi principi, valori e comportamenti proprio dalla Russia.

Perche’ e’ proprio in base a tali valori e principi, ed all’assenza totale di conflitto fra i generi, che quindi rende il femminismo qualcosa di mai concepito, che le donne russe riescono abilmente ad utilizzare ogni molecola della loro femminilita’ a loro esclusivo vantaggio – tacchi alti e minigonne inguinali incluse -, senza per questo sentirsi “oggetti” ad uso e consumo del maschio in quanto non si sentono affatto inferiori, e quindi neppure avvertono il bisogno di ottenere una qualche parita’ con l’altro sesso. Inoltre, e questo da’ davvero la sensazione e la consapevolezza della grande forza che possiede questo particolare tipo di femminilita’ tutto russo, nessuna mai, almeno chi e’ cresciuta ed e’ maturata durante gli anni del regime comunista, andrebbe mai a sfogarsi in pubblico, o in tv, o in internet a lamentarsi dei suoi problemi familiari, sentimentali o sessuali. In tutto cio’ che riguarda il privato esiste infatti, come ho gia’ detto, una dignita’ che altrove e’ del tutto inconcepibile.

I settant’anni di esperienza russa con il comunismo, non sono stati comunque una piacevole passeggiata e le donne russe hanno dovuto fronteggiare una sfida sociale totalmente diversa e forse assai piu’ dura rispetto alle loro controparti in occidente. Tuttavia, il sistema e’ stato in grado di fornire loro alcuni indiscussi ed interessanti vantaggi che hanno contribuito a far progredire la condizione femminile senza il bisogno di marce e proteste.

Il comunismo, infatti, aveva un sistema educativo fortemente sovvenzionato e non faceva alcuna distinzione tra i sessi quando si trattava di ricevere un’istruzione. Inoltre, tutto era basato sulla meritocrazia e nessuna importanza aveva il fatto di essere uomini o donne che, dopo gli studi, a parita’ di grado ricevevano identiche opportunita’. Le madri potevano contare completamente sul supporto dello stato e su centri di accoglienza per neonati e bambini, e questo dava loro le stesse possibilita’ di far carriera al pari dei padri. Forse qualcuno non lo sa, ma in qualche modo il comunismo e’ stato una vera manna per le donne, mentre e’ stato un busto di gesso per gli uomini.

Oggi, le donne russe sembrano sentirsi completamente a proprio agio con se stesse e, soprattutto, vivono completamente la loro femminilita’. Non nascondono il corpo come fosse un’orribile cicatrice, ma lo esibiscono, decorandolo con gusto, mettendolo in mostra per ogni occhio che abbia voglia vederlo. Nessuno in Russia avra’ mai da ridire di una donna che mette troppo in mostra le gambe: in Russia non c’e’ assolutamente nessun problema ad ostentare cio’ che si pensa sia bello e possa piacere.

Sono diventate quindi anche queste “nuove russe” oggetti di consumo per il desiderio degli uomini, uniformandosi alle loro consorelle occidentali? Forse si’, ma le donne russe hanno in qualche modo acquisito una straordinaria capacita’ di gestire l’essere attraenti senza pero’ scivolare dentro situazioni di subordinazione al genere maschile. Sono loro che hanno pieno controllo della propria femminilita’ e la minigonna ed i tacchi alti non fanno altro che aumentare quel loro incredibile potere che nessuno, finora, e’ stato in grado di spiegare. Quindi, se per caso pensaste che possano essere oppresse, controllate, succubi o sottomesse, sareste fuori strada.

Ed ora torniamo alla cena…

(Continua…)

Международный Женский День

L’8 marzo e’ la Giornata internazionale della donna. Nemzetközi nőnap in lingua magiara. Ma se quasi dappertutto e’ considerata una semplice ricorrenza, in Russia ed in ogni altra Repubblica ex sovietica, esclusa la sola Georgia mi pare, oggi e’ invece festa nazionale.
Sebbene per i russi la primavera inizi ai primi di marzo, a Mosca, generalmente, in questo periodo c’e’ ancora la neve e niente fa pensare al gradevole tepore al quale sono abituati i popoli mediterranei. Eppure, nonostante il clima rigido, l’8 marzo in Russia ha un fascino tutto particolare. In nessun altro posto al mondo potete vedere cosi’ tanti uomini sbucare da ogni angolo con in mano un piccolo regalo o un mazzo di fiori per le loro donne, siano esse madri, sorelle, figlie, mogli, nonne, fidanzate, colleghe; ed i fiori e i regali vengono offerti loro come segno di sincera gratitudine per tutto cio’ che esse rappresentano.

Tutto cio’ ha origine nel secolo scorso a San Pietroburgo, quando nel 1917, l’8 marzo appunto (era il 23 febbraio secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia), le donne guidarono una grande manifestazione di protesta per rivendicare la fine della guerra. Una manifestazione cui ne seguirono altre che portarono poi alle rivolte ed al crollo dello Zar. E’ per questo motivo che l’8 marzo e’ rimasto nella Storia: perche’ indica l’inizio della Rivoluzione di febbraio. Nel 1921 tale data fu fissata dal Partito come Giornata internazionale dell’operaia, ed in seguito fu citata da Lenin in un suo articolo come Giornata internazionale della donna, in quanto parte attiva importante nelle lotte sociali e nel rovesciamento dello zarismo. E’ dunque cosi’ che e nato l’8 marzo e non, come afferma la versione occidentale frutto degli anni della guerra fredda, a causa della morte di centinaia di operaie in un rogo di una fabbrica a New York. Episodio che avvenne, certo, ma non l’8 marzo, bensi’ il 25 marzo del 1911.

Anche se oggi appartiene a tutti, l’8 marzo e’ principalmente una festa della Russia sovietica dedicata all’emancipazione della donna ed al riconoscimento di una sua pari dignita’ rispetto a quella dell’uomo. Ed e’ Anna Louise Strong, scrittrice e giornalista americana animata dagli stessi principi dei suoi connazionali John Reed e Edgar Snow che con bellissime parole, nel suo libro “L’era di Stalin”, ci offre uno spaccato di una realta’ che oggi, a molti potrebbe apparire persino utopistica, ma che rende chiara l’idea del perche’ sono da sempre convinta che una societa’ collettivista in cui non esistono differenze fra uomo e donna, tanto piu’ si addice alla condizione femminile, tanto piu’ sara’ osteggiata da chi, chiuso nel suo gretto egoismo e nell’ignoranza, ritiene che le donne debbano essere solo merce di scambio, uteri per procreare, oppure oggetti dedicati alla sola soddisfazione sessuale dell’uomo.

In tutte le parti dell’Unione Sovietica il mutamento della condizione della donna fu uno dei cambiamenti piu’ importanti della vita sociale. La rivoluzione diede alla donna l’eguaglianza legale e politica: a questa l’industrializzazione forni’ la base economica nell’eguaglianza del salario. Ma in ogni villaggio erano ancora vive le abitudini durate per secoli, e le donne dovettero lottare contro il loro potere. Di un villaggio siberiano, ad esempio, si seppe che, dopo che le fattorie collettive ebbero dato alle donne un salario indipendente, le spose “scioperarono” contro il venerando costume patriarcale di picchiare le mogli e lo spezzarono in una settimana.

“La prima donna eletta dal Soviet del nostro villaggio si prese gli scherni di tutti gli uomini – mi raccontava una presidente contadina. – Ma all’elezione successiva eleggemmo sei donne e adesso tocca a noi ridere”. In Siberia, nel 1928, incontrai venti di queste donne presidenti di Soviet sul treno per Mosca, dove andavano a partecipare a un congresso femminile: la maggior parte di esse viaggiava in treno per la prima volta, e una sola era gia’ stata fuori dalla Siberia nella vita. Erano state invitate a Mosca a “consigliare il Governo” sulle esigenze delle donne: i loro direttivi le avevano elette, e adesso andavano.

La lotta piu’ dura per la liberta’ della donna fu quella che si svolse nell’Asia centrale. Qui, le donne erano semplici oggetti di proprieta’: vendute giovanissime per il matrimonio, non apparivano piu’ in pubblico, da quel momento, senza l’orribile paranja, un lungo velo nero tessuto di crine di cavallo, che copriva tutto il volto ostacolando la vista e la respirazione. Per tradizione i mariti avevano il diritto di uccidere la moglie che si fosse tolta il velo e i mullah – i preti musulmani – sostenevano questa tradizione con l’aiuto della religione. Donne russe portarono un primo messaggio di liberta’ in queste tenebre: nei nidi d’infanzia le donne indigene impararono a togliersi il velo in presenza l’una dell’altra e a discutere i diritti delle donne e i mali del velo. Il partito comunista fece pressione sui suoi membri perche’ permettessero alle loro mogli di togliere il velo.

Quando visitai Tashkent per la prima volta, nel 1928, una Conferenza di donne comuniste annuncio’: “Nei villaggi arretrati delle campagne la nostre compagne vengono violentate, torturate e uccise. Ma questo sara’ un anno storico per i nostri paesi: l’anno in cui la faranno finita con l’orribile velo”. Questa risoluzione veniva lanciata proprio mentre alcuni eventi tragici ne sottolineavano la portata. Il corpo di una ragazza, studentessa a Tashkent, che aveva voluto dedicare le sue vacanze al lavoro di agitazione per i diritti delle donne nel suo villaggio natio, fu rimandato a pezzi alla scuola, su un vecchio carro recante la scritta: “Questo e’ per la vostra liberta’ delle donne”. Un’altra donna, che aveva rifiutato le attenzioni di un proprietario terriero e sposato un contadino comunista, fu assalita da una banda di diciotto uomini sobillati dal signorotto: la violentarono, mentre era all’ottavo mese di gravidanza, e gettarono il suo corpo nel fiume.

Vi furono poesie, scritte dalle donne, che esprimevano la loro battaglia. Per Zulfia Kahan, una combattente per la liberta’ delle donne che fu arsa viva da un mullah, le donne del suo villaggio composero un canto di dolore:

O donna, la tua lotta per la liberta’ non sara’
dimenticata in questo mondo.
Il tuo fuoco: non pensino che ti abbia consumata!
La fiamma in cui ti hanno arsa
e’ una fiaccola nelle nostre mani.

Buchara, la “città santa”, era la citta’ di questa ortodossia d’oppressione. Qui, nella “città santa” fu organizzata una drammatica azione collettiva di getto del velo. Verso l’8 marzo, giornata internazionale della donna, corse voce che “qualcosa di spettacolare sarebbe accaduto”: in quel giorno, comizi di massa di donne furono tenuti in diversi luoghi della citta’ e le oratrici chiesero all’uditorio che “si levassero il velo tutte insieme”. Allora le donne passarono davanti al palco: giunte davanti al podio, gettarono il velo e poi, tutte insieme, andarono a sfilare per le strade. Erano state erette delle tribune per i dirigenti e i membri del Governo, che salutavano la sfilata. Alcune donne uscirono dalle loro case, si unirono alla sfilata e gettarono il velo davanti alle tribune. Cosi’ fu rotta la tradizione del velo nella citta’ santa di Buchara.

La Confessione

Esistono due tipi d’ingiustizie. Ci sono quelle grandi che sono fuori del controllo di chiunque. E’ il considerarsi inermi di fronte alla loro vastita’, sapendo che nessuno possiede la soluzione per risolverle, che ci fa sentire, tutti quanti allo stesso modo, non colpevoli e ci permette di discutere dei fatti con il dovuto distacco, organizzare conferenze, raccolte di denaro e spettacoli di beneficenza con la rituale partecipazione dei vari clown, ballerine e nani da sempre alla ricerca di popolarita’ e consensi.
Mentre c’ingozziamo tranquillamente sbracati sul morbido divano di casa nostra, immagini di carestie, guerre e genocidi si avvicendano, come scene di un film, sul nuovissimo schermo al plasma da cinquanta pollici appena acquistato in ottantaquattro comode rate mensili a tasso zero, TAEG 8,56%, offerta valida fino al 31 marzo 2009.

Avvenimenti distanti che ci riguardano solo marginalmente e che non ci creano dubbi su quello che e’ il nostro comportamento, e neppure riusciamo a concepire l’idea che tutto possa dipendere da qualcosa di sbagliato in cio’ che facciamo, da come viviamo. Anzi, quelle scene in fondo ci rassicurano, ci tranquillizzano, ci convincono che siamo fortunati, liberi… buoni.

Ci sono poi le piccole ingiustizie che riguardano un numero ristretto di persone. Sono quelle che ormai non fanno piu’ notizia ed alle quali ci siamo tristemente abituati. Ne parliamo poco, anzi, per quanto ci e’ possibile cerchiamo di non vederle, di negarle, perche’ intimamente sappiamo che, in parte, ne siamo un po’ responsabili anche noi.

“La Confessione”, il film del regista Constantin Costa-Gavras, ambientato nella Cecoslovacchia dei primi anni ‘50, narra la storia di Anton Ludvik che, arrestato ed imprigionato per motivi che non conosce, per mesi viene sottoposto ad ogni tipo di tortura, fisica e psicologica, perche’ confessi un reato che non ha commesso.

Angherie, vessazioni, prevaricazioni, crudelta’ gratuite contro chi non poteva difendersi erano assai frequenti nei regimi totalitari comunisti, ma non solo in quelli. Persino le democrazie occidentali da esportazione modello “Bush” hanno creato capolavori di straordinaria aberrazione come, ad esempio, il lager di Guantanamo dove persone innocenti ed estranee ai fatti legati all’11 Settembre sono state sottoposte per anni a torture psicofisiche terribili affinche’ confessassero cio’ che non avevano commesso, mentre la comunita’ internazionale, tutta, dava encomiabile dimostrazione di totale menefreghismo.

Riuscire ad ottenere la confessione e’, infatti, l’unica ragione per la quale esistono, da sempre, le varie tecniche di tortura. Il waterboarding, la deprivazione del sonno, le droghe e le minacce psicologiche o anche semplicemente i pugni, sono i mezzi dei quali gli aguzzini si servono non tanto per arrivare alla verita’ quanto per ottenere una confessione che indichi un colpevole che possa poi essere giustiziato sulla pubblica piazza, oggigiorno sempre piu’ mediatica.

Come Guglielmo Piazza e Giangiacomo Mora, anche Nick e Bart furono arrestati ed imprigionati per qualcosa che non avevano commesso. La loro unica colpa, come sempre, fu quella di essere innocenti quando il mondo imponeva che non lo fossero. Vittime del cinismo, dell’odio, del razzismo e degli interessi di bottega di chi aveva bisogno di mostri da sbattere in prima pagina, perseguitati perche’ diversi, perche’ immigrati, perche’ italiani, dopo sette anni passati in prigione furono condannati e giustiziati a morte. Era il 1927 e solo cinquanta anni piu’ tardi, riconosciuti innocenti, furono ufficialmente riabilitati.

Márió, a varázsló – Una favola d’amore e follia

Ci sono alcune domande che in questi giorni, complice anche una discussione su MenteCritica, stanno ronzando nella mia testa. Quante volte, anche davanti all’evidenza dei fatti, abbiamo perso la testa per un amore non ricambiato? E quando si e’ innamorati di qualcuno, quante volte c’inventiamo sguardi e segnali che non esistono, ma ci fanno stare bene? Le delusioni amorose, i sogni infranti, le pene che proviamo per il nostro sentimento non corrisposto, sono davvero attribuibili all’altra persona oppure e’ solo la nostra errata valutazione, la nostra voglia d’illuderci, il nostro assegnare valori e significati immeritati la vera causa della sofferenza?
Ungheria 1990. E’ appena caduto il comunismo. Un tranquillo ed abulico paesino che vive d’agricoltura. Gli uomini al lavoro oppure nullafacenti che passano le giornate a bere alla taverna del paese e le donne dedite ad accudire alla casa. L’atmosfera noiosa e lenta del paesino cambia allorquando giunge Gerardo per aprire una fabbrica di scarpe, intenzionato ad assumere quasi tutte le donne del paese sfruttando l’economica manodopera locale.

L’imprenditore italiano arriva in paese ascoltando Celentano e Toto Cotugno a bordo di un’Alfa Romeo ed attira subito su di se’ l’attenzione della piccola comunita’, conquistando le simpatie di tutti, ma soprattutto delle donne, che vedono in lui la possibilita’ di un lavoro lontano dagli obblighi domestici, per le quali quell’impiego sicuro, che dopo una vita da contadine le fa sentire finalmente persone rispettate, anche se sottopagato e’ il miraggio dell’emancipazione a scapito dei loro mariti.

Veronika, sposata e con figli, carina e formosa, piena d’energia ed intelligente, all’inizio resta del tutto indifferente quando riceve le prime notizie dello stabilimento dall’esuberante Heléna, la sua amica chiacchierona. Lei e’ sempre stata diversa dalle sue compaesane. Sente di desiderare qualcosa in piu’ dalla vita, eppure non sa esattamente cosa. Un giorno pero’, tornando dalla passeggiata in riva al fiume, viene in qualche modo coinvolta e trascinata dall’incanto di una possibile nuova esistenza, ed entra a lavorare nel calzaturificio diventando la piu’ brava, la piu’ affidabile lavoratrice.

Il suo corpo rifiorisce, la sua anima si libera. Soprattutto quando a dirigere la fabbrica arriva il proprietario della catena di calzaturifici, Mario, aristocratico, elegante, misterioso, gentile e premuroso il quale si accorge presto della vena creativa di Veronika e la nomina responsabile del reparto.

Veronika inizia cosi’ a credere d’essere la sua preferita. Le altre operaie la invidiano, ma per la prima volta da quando e’ nata si sente apprezzata. Quella giacca rossa, simbolo del suo incarico, rappresenta la sua corona da reginetta di bellezza, la sua medaglia d’oro, il gradino piu’ alto del podio.

Nella sua vita, pero’, c’e’ sempre maggior discordanza tra suo marito, Gyula, che non le chiede altro che la cena pronta, che non nota i suoi vestiti nuovi ed il suo cambiamento, e Mario, che la gratifica, la apprezza, le parla, e si fida di lei al punto di affidarle persino le chiavi della sua casa perche’ curi le sue piante mentre lui e’ via. E Veronika, progressivamente, fatalmente, s’innamora pazzamente, in modo ossessivo, convinta di essere ricambiata…

Ma Mario non c’e’, e’ in viaggio. Non puo’ accorgersene. Non si accorge di come lei cura il suo studio, di come accudisce le sue piante, e neppure si accorge delle cene a lume di candela che Veronika organizza nella sua casa tra lei ed un immaginario Signor Mario che esiste solo nella sua mente. In breve l’amore diventa psicosi, follia che conduce giu’ nel baratro dell’alienazione mentale e Veronika arriva persino a salutare tutte le sue amiche, convinta che Mario tornera’ per portarla via con se’, in Italia, dove la trattera’ come una principessa e le fara’ vivere una straordinaria storia d’amore.

Ma quando Mario torna non e’ per coronare il sogno d’amore di Veronika. Ha deciso di trasferire la produzione in Ucraina dove i costi della mano d’opera sono minori. Cosi’, dopo un ultimo confronto con Mario al quale Veronika si reca, incurante delle chiacchiere del paese, indossando un vestito molto seducente, durante il quale viene maltrattata di fronte a tutti ed umiliata anche nella sua femminilita’, la fabbrica viene smantellata e con essa se ne vanno le speranze ed i sogni di una donna che, vedendosi privata di tutto, commettera’ un atto tremendo…

Mario il Mago (Márió, a varázsló) e’ un film che parla d’illusioni, d’evanescenza, di miraggi, le cui vittime sono innanzi tutto le donne di cui Veronika e’ il simbolo. Sedotta ed abbandonata due volte: la prima volta dalle speranze illusorie del capitalismo e la seconda volta dall’uomo che fino alla fine rappresentera’ quell’ideale al quale lei attribuira’ una sensibilita’ a lui estranea. Una figura che ai suoi occhi avrebbe dovuto emanciparla da una condizione familiare stagnante e monotona e che invece lei, morbosamente ed ossessivamente, investira’ di un significato destinato ad essere disatteso, e che finira’ per condizionarle la psiche in modo irreversibile.

Il regista ungherese Almási Tamás, puntando tutto sul personaggio di Veronika pone al centro della storia l’interiorita’ di una donna ed affonda i denti nei suoi sentimenti, nei suoi sogni, nelle sue paure e ci racconta il suo dramma, il cambiamento del suo carattere, la sua follia e la straordinaria passione del suo amore.

Un film tutto al femminile, dunque, dove sono le donne le vere protagoniste di questa favola agrodolce poiche’ ne svela l’animo e i desideri piu’ nascosti, le cui chiavi di lettura possono essere molteplici ma che devono essere interpretate tenendo conto del momento storico e del retroterra in cui si svolge. Una storia nella quale ho ritrovato molte di quelle atmosfere che anch’io ho vissuto.

Come femminile e’ la costruzione stessa della sceneggiatura che segue un ritmo ascendente: inizia molto lentamente e ci mette del tempo prima di catturare pienamente l’attenzione, raggiungendo l’apice negli ultimi minuti del film dove la musica e la regia, che diventano dinamiche e frammentate, e l’eccezionale prova della protagonista si accumulano e si fondono, per emozionare e travolgere gli spettatori nella psicosi di questa donna.

Interpretato da una Nyakó Júlia splendida, la cui sensibilita’ riesce ad entrare sotto la pelle, il film, che andrebbe visto in lingua originale sottotitolato poiche’ l’unica carenza evidente e’ nel modo in cui e’ stato doppiato, e’ una storia vera che prende in prestito il titolo da una novella di Thomas Mann e l’ispirazione da un racconto di Halász Margit, ed e’ stato girato ad Abaújvár, un piccolo paese di appena trecento abitanti situato nei pressi del confine con la Slovacchia, non lontano dalla mia Tokaj.

Ricordo degli esami

Ricordo che ogni volta che dovevo sostenere gli esami, indispensabili per non avere un futuro da contadina oppure da operaia, era sempre un’angoscia. Dal risultato degli esami dipendeva infatti la mia vita, almeno cosi’ mi facevano credere quando ancora la Cortina di Ferro separava il mondo verticalmente, fra Est ed Ovest e non orizzontalmente, fra nord e sud, come avviene adesso.
Non tutti a quei tempi avevano l’opportunita’ di proseguire gli studi oltre il livello base garantito dallo Stato. Non era una questione di soldi, in quanto era tutto a carico dello Stato, ma dopo i 14 anni solo chi dimostrava di avere, attitudine, capacita’ e volonta’ per andare avanti veniva ammesso agli istituti superiori. La competizione fra studenti diventava poi serrata con l’ammissione all’Universita’, perche’ l’esistenza del numero chiuso induceva chi intendeva conseguire la laurea a dare il meglio di se’. Ed in certi Paesi la laurea era necessaria finanche per poter essere “commerciante”.

Ma la cosa piu’ bella che ricordo e’ che non esistevano differenze fra sessi, fra etnie, oppure fra diversi livelli sociali; figli di burocrati slavi potevano benissimo studiare fianco a fianco con figlie di contadini zingari. Cio’ non creava alcun problema. Il Sistema non consentiva a nessuno di sentirsi forte di alcuna “superiorita’” che non fosse meramente inerente alle capacita’ personali. Quindi niente privilegi per “discendenza”. Anzi, era proprio chi aveva provenienze “eccellenti”, chi aveva un genitore importante, che era in qualche modo piu’ sottoposto a stress, poiche’ doveva, piu’ di chiunque altro, dimostrare di essere all’altezza del nome che portava, altrimenti veniva dileggiato dai compagni, ma prima di tutto dalla sua famiglia.

Ricordo anche che c’era un esame il cui superamento era indispensabile, altrimenti si veniva considerati “poco intelligenti” e non adatti a proseguire. L’esame era “la storia del Partito”. Una domanda del tipo “quale partito?” sarebbe stata considerata motivo di bocciatura, oltre che di stupidita’, e di quale Partito si trattasse e’ facile intuirlo.

In effetti, adesso ricordo, una piccola discriminazione veniva fatta anche in quel Sistema. Coloro che potevano contare su genitori che facevano parte della “nomenklatura”, in quello specifico esame erano favoriti: in caso di esito negativo, bastava una telefonata di papa’ al preside della scuola per dar modo al figlio di poterlo ripetere. Tale procedura avveniva pero’ ufficiosamente ed in modo riservato. Niente di questo piccolo “favoritismo” doveva trapelare, e se lo studente si fosse rivelato una seconda volta impreparato, a quel punto nessuno avrebbe potuto evitargli l’esclusione dagli studi. Fosse stato anche il figlio del Presidente del Partito.

Per avere un’idea di come la reputazione fosse importante per certi uomini, basta ricordare il fatto che, alla fine degli anni ’70, primi ’80 in Russia, coinvolse il ministro degli interni Yuri Churbanov, genero di Brezhnev, terzo marito della figlia Galina. Allorquando si sparse la voce di tangenti che aveva ricevuto, fu immediatamente estromesso dall’incarico, ed una volta appurata la sua colpevolezza fu condannato a 12 anni di carcere duro (di cui 6 amnistiati).

Essi’, erano proprio strani i burocrati di allora che non conoscevano l’utilizzo di certi “lodi ad personam”. Tenevano sia alla loro reputazione che a quella dei loro familiari e mai avrebbero “spiattellato” sui giornali di avere un figlio non all’altezza di superare un esame. Ancor meno avrebbero portato il caso di fronte al Ministro dell’Istruzione.

Ma si sa… quelli erano comunisti.

«Non è possibile che un ragazzo possa essere massacrato agli esami soltanto perché ha portato una tesina su Carlo Cattaneo» (Umberto Bossi)